domenica 29 settembre 2019

La coscienza di Zeno di Italo Svevo

"È un libro che a mio parere va preso con le pinze. Va letto in una fascia d'età tra i 25-30 anni, in cui sei già abbastanza maturo da poter comprendere un po' meglio, il senso di inadeguatezza per la vita, la costante sensazione di inettitudine e di malattia che Zeno si sente addosso. Riguardo il fatto che non sia scritto bene, anche qui, c'è da considerare che Italo Svevo fosse triestino e prima della seconda guerra mondiale Trieste non facesse parte dell' Italia, ma fosse appunto sotto il dominio austro-ungarico.  Inoltre, è un po' come Pirandello non ci si deve soffermare sullo stile di scrittura, ma più sull'accurata introspezione psicologica.  Zeno ripercorre la sua vita attraverso un diario-confessione, senza seguire un ordine cronologico, ma attraverso eventi cruciali e focalizzanti della sua esistenza quali: l'inizio della terapia psicoanalitica, la morte del padre e il momento in cui si sposa, per poi farsi un'amante fino al periodo in cui decide con Guido ( cognato e amico) di aprire un'associazione commerciale raccogliendo insuccessi.

Lo psicologo deciderà di rendere pubblico per vendetta questo suo memoriale, poiché Zeno non si presenta più alle sue sedute, concludendo di essere guarito o meglio di esser malato, come tutti gli esseri viventi, è la società stessa ad essere malata. Devo ammettere, che inizialmente il personaggio di "Zeno Cosini" mi era più simpatico sulle prime pagine, andando avanti il personaggio si deforma rendendolo per certi versi detestabile,eppure anche in questo si delinea la bravura di Italo Svevo nel costruire l' evoluzione del protagonista, che in fin dei conti non è buono ne cattivo, è solo umano. Andando avanti il romanzo, procede con alti e bassi, meno appassionante, con la storia del cognato Guido,fino ad arrivare ad un finale molto profondo e significativo, che auspica il senso di tutto il romanzo attraverso lo scoppio della seconda guerra mondiale a cui fa riferimento parlando di un' esplosione di ordigni (facendo riferimento alla bomba atomica). In questa parte conclusiva, il pensiero pessimista e decadente che l'essere umano guarirà solo al momento di perire, fino ad estinguersi. Questo libro mette in luce la crisi dell' uomo moderno, piena di buoni propositi che non trovano attuazione e lo sviluppo di nevrosi nuove, che adesso appaiono piuttosto vicine e contemporanee a noi, quali l' ipocondria  e il desiderio stesso di contrarre una malattia, per rendere la vita più sopportabile,  accarezzando l' idea di lasciarla quanto prima. Queste problematiche psichiche vengono messe in luce dall' avvento della guerra.  Solo esseri viventi malati, possono farsi la guerra tra loro, uccidendo la loro stessa specie.  

domenica 8 settembre 2019

La musa del dipartimento di Honoré de Balzac

Un libro poco conosciuto, di Honoré de Balzac, che rispetto a classici come "Anna Karenina", "Madame Bovary" e "l'amante di lady Chatterley"  tratta il tema dell'adulterio in un modo unico e differente, da questi acclamati capolavori poc'anzi citati.  

Honoré de Balzac è distaccato e retorico, potremo dire che non c'è empatia tra lui e i suoi personaggi. Un difetto o una peculiarità del suo modo di scrivere? Io direi, che la freddezza e il distacco tra narratore e i personaggi sia voluto e ricercato. 

Lo scrittore guarda i personaggi dal di fuori, li analizza, ma senza cogliere tutte le loro sfumature di azione e pensiero, non è un narratore onnisciente,si tiene sempre a debita distanza dai protagonisti, cogliendo solo quei particolari manieristici, calcolatori e doppiogiochisti. 

Balzac si prende gioco dei suoi personaggi, e i loro sentimenti romantici appaiono frivoli e superficiali, come in  una commedia teatrale da mettere in scena, fino a che convenga ad entrambi le parti. 
I sacrifici della protagonista, per il suo adorato amante, anche questi vengono trattati come qualcosa di artificioso e costruito, dato forse da un bisogno compensativo e psicologico della protagonista. 

Una necessità drammatica e teatrale della donna, di nutrire il suo spirito materno e da crocerossina verso il proprio amante.

Se da una parte, ho trovato la lettura veramente molto povera di sentimentalismo, molto più cruda e amara, come un continuo e repentino burlarsi di Balzac dei sentimenti umani, dall' altra ho apprezzato questo distacco, questo suo modo di vedere le cose dal di fuori, sarà che ho letto tanti romanzi che fanno tutto il contrario, da considerare originale e anticonvenzionale, questo stile farsesco e retorico di Balzac. È come se fossero solo i personaggi di una commedia teatrale, che mettono in scena diverse maschere, come più si conviene o più convenga a loro, la cosiddetta "Commedia Umana" ricorrente in Balzac, che in qualche modo richiama un po' vagamente il concetto Pirandelliano dell' "Uno, nessuno e centomila", ma in maniera meno spiccata e forte.


Intrinseco il pensiero Machiavellico "il fine giustifica i mezzi".

 E sulla conclusione del romanzo, ci sarebbe anche molto da discutere, dato che è un finale condito di sarcasmo e lascia anche qualche  spazio aperto, con un bel punto interrogativo, ma è voluto e ricercato questo margine di incertezza, a libera interpretazione o come nei migliori tradimenti, madre certa, be' sulla paternità non possiamo dire la stessa medesima cosa. 

Credo, che sia quello il messaggio, imbastito da Balzac volendo lasciare al narratore l' incertezza sull'identità del citato "procuratore generale", che recita  quelle fatidiche parole conclusive dell' intero romanzo, da cui si intuisce tutto e niente, ma una cosa è certa, un' adultera, resta sempre un' adultera.

Questo romanzo tuttavia, segna una rottura con tutte le regole sociali, sovverte l' ordine precostituito secondo cui un' adultera è condannata ad essere emarginata dalla società.

 Balzac sovverte il bigottismo e le regole della società, facendo si che l' adultera torni ad essere moglie, e a riacquistare la sua rispettabilità nella società, nonostante tutto, e forse pur mantenendo il suo ruolo di adultera, purché tutto avvenga lontano dagli occhi indiscreti?! 

Devo dire che come libro sconosciuto, è stata una rivelazione, ma se devo essere del tutto onesta è stato difficile in alcuni punti star dietro a Balzac, dato che il suo modo di scrivere è molto prolisso e carico di figure retoriche.

Ovviamente, il suo tono retorico e da commediante, richiede anche forse una conoscenza maggiore degli usi e i costumi dell'epoca in Francia, agli inizi dell'ottocento, e non avendo tali conoscenze, si può venir assorbiti passivamente da questo genere di lettura, senza riuscire a catapultarsi del tutto dentro.

Una cosa che sicuramente ho trovato interessante è stata la cura di Balzac  nella rappresentazione dei costumi sociali, il paragone sulla donna parigina e la provinciale, e ovviamente, per l' originalità del finale.  

Dinah è tanto superiore come donna da sovvertire tutte le regole sociali!  Un' idea di emancipazione femminile del tutto inaspettata,  in cui Balzac fa risuonare così forte l' intelletto e le qualità di Dinah come donna moderna,reclusa  in una società ancora troppo antiquata, bigotta e maschilista, ma da cui riesce ad uscirne vincitrice, o comunque salva dall' emarginazione sociale, ma dovendo, ovviamente, giungere ad un macchinoso compromesso, ritornare al ruolo di moglie così come si conviene. 

Tuttavia, senza troppi pesi sul cuore e sulla coscienza, Dinah come tutti gli altri personaggi è una calcolatrice nata,tanto quanto il marito e l'amante. 

Il saper dosare e soppesare le proprie passioni diventa un'abilità, per non soccombere dinnanzi i giudizi e le meschinità della società di quel tempo.





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