lunedì 31 dicembre 2018

libri odiati:

I libri che proprio non mi sono piaciuti in assoluto tra quelli letti:

1 Gli anni struggenti di Alberto Bevilacqua

2Uto di Andrea de Carlo (non sono neanche riuscita a finirlo, troppo sonno,10 pagine per descrivere un asciugamano!)

3La casa del sonno di Jonathan Coe

4Ogni cosa è illuminata di Jonathan Safran Foer

5Shanghai Baby di Zhou Weihei

6sorellastre di Tara Hyland

7pretty baby di William Harrison

8Non buttiamoci giù di Nick Hornby

10 bel ami di Maupassant

11cecita'  di José Saramago

venerdì 28 dicembre 2018

lista dei libri da leggere: ( Resoconto del 2018)

Oltre ai classici penso, che in molte altre liste vengono tralasciati dei libri interessanti e degni di nota, così ho deciso di fare questa altra lista, ovviamente potremo non tutti essere concordi, ma per me questi libri sono stati davvero importanti ed eccezionali. Premetto che non sono brava a piazzare i libri in ordine di importanza, quindi la numerazione non è da prendere alla lettera.

1) Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro

2) Lasciami entrare di John Ajvide Lindqvist

3) Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick.

4) L'uomo che credeva di essere se stesso di David Ambrose

5)L'uomo che voleva uccidermi di Yoshida Yuichi

6) Confessioni di una maschera di Yukio Mishima

7) L'amante di Marguerite Duras

8) Mathilda di Victor Lodato

9) La ragazza del convenience store di Sayaka Murata

10) L'altra faccia di un ricordo oscuro di Yy Kyunyong

11) Cipria di Su Tong

12) La meccanica del cuore di Mathias Malzieu

13) Io prima di te di Jojo Moyes

14) Dolce come il cioccolato di Laura Esquivel

15) due di due di Andrea de Carlo

16) Ring di Koji Suzuki

17) Non ti muovere di Margaret Mazzantini

18) Undici minuti di Paulo Coelho

19) Veronica decide di morire di Paulo Coelho

20) Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Christiane F.















Lista dei libri classici da leggere almeno una volta nella vita... (Resoconto del 2018)


Guardo spesso da internet le liste redatte in giro, e non ne trovo mai una che mi convinca pienamente così ho deciso di scriverne una io, partendo dai classici intramontabili che ho letto, su quelli che non ho ancora letto non oso pronunciarmi.


1)  Delitto e Castigo di Dostoevskij

2) Uno, nessuno e centomila di Pirandello

3) Anna Karenina di Lev Tolstoj

4) Nana di Emilie Zola

4) Cime tempestose di  Emily Bronte

5) Madame Bovary di Flaubert

6) Mastro don Gesualdo di Verga

7) La peste di Albert Camus

8 Povera gente di Dostoevskij

9) Frankestein di Mary Shelley

10) Fosca di Igino Ugo Tarchetti

11) Profumo di Patrick Suskind

12) Dieci piccoli indiani di Agatha Christie

13)  Il visconte dimezzato di Italo Calvino

14)Le relazioni pericolose di De la clos.

15) Il dottor Jeckyl and Mr Hyde di Stevenson

16) Pamela o la virtù premiata di Richardson

17) Emma  di Jane Austen( Per quanto se ne dica, io prediligo più "Emma", un'opera molto meno altisonante di "Orgoglio e pregiudizio" in cui la protagonista forse ci appare troppo buona, forse un po' troppo la Mary Suez della situazione, mentre in Emma preferisco di gran lunga le imperfezioni della protagonista che alla fine si rende conto di quanto sbagli e appaia superficiale nei propri giudizi).

18) Moll Flanders di Daniel Defoe

19) Edgar Allan Poe i suoi racconti del terrore.

21) L' amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence.

22) Carmilla di Le Fanu

23) Il giovane Holden di Salinger

24) Cuore di cane di Bulgakow

25) Piccole Donne di Loiusa May Alcott

26) Il mago di Oz Lyman Frank Baum











Circondati dagli psicopatici di Barbel Mechler

Sicuramente è uno di quei manuali da prendere con le pinze, nel senso mai da prendere alla lettera, intanto perchè parlare di "Psicopatici" in questo senso è un termine generico e in chiave aperta, non si parla di casi generalmente riconosciuti dalla psichiatria, ma delle follie caratteriali di persone che ci stanno attorno, in tutti gli ambiti della nostra vita. Inoltre la Mechler, sicuramente ha una preparazione sulla psicologia, ma non ha questa autorevolezza così forte, sopratutto per come è stato scritto il manuale, si vede che è stato elaborato con un intento anche ironico e spensierato, solo un modo "per vendere" e dare anche conforto a chi si sente appunto incompreso, oppresso e maltrattato da gente con dei profili alteri e supponenti, che si comportano come se nel mondo tutto gli sia dovuto e non si soffermano mai a pensare alle conseguenze delle loro azioni vili e maligne, a quale effetto e sentimento producono sugli altri.  Almeno una volta nella vita ci si confronta con gente del genere, soprattutto se sia ha una certa sensibilità, e la propria autostima è vacillante, quanto un fuscello di paglia sospinto dal vento.

Questa forza indomita di presunzione e arroganza esercitata da questi individui, definiti "psicopatici" sulla carta, fa terra bruciata su soggetti con una certa sensibilità, ma loro ahimè non se ne accorgono neanche, o non se ne curano affatto.

Barbel Mechler mette un luce un aspetto interessante, questa necessità di essere sempre al centro dell'attenzione e di apparire sempre come quelli che hanno la verità in bocca, o  di mostrarsi persone così intelligenti, impeccabili e perfetti, non è altro che una debolezza caratteriale, soprattutto quando le circostanze non lo richiedono affatto.

Un meccanismo di difesa che si attiva, per avere una sicurezza che evidentemente dentro non si possiede e quindi si necessità di convincere gli altri e sè stessi di quanto siano persone  meravigliose e brillanti, quindi ecco che la Mechler suggerisce e consiglia, riportando degli esempi a volte davvero difficili e fastidiosi da seguire e leggere, per quanto sembrino costruiti a tavolino, toccando l'assurdità.

Mentre in altri casi, qualche esempio e suggerimento può risultare veritiero e ottimale, facilmente applicabile, ma credo che principalmente sia più un modo per dire "inutile prendersela, capiscili, compatiscili, cerca di non farti nemico lo psicopatico, ma piuttosto trova il modo di assecondarlo, ma senza farti il sangue amaro e lasciarti più colpire e toccare dalle loro cattiverie".

Molto spesso per educazione, e per nostri limiti caratteriali, non rispondiamo alle offese e restiamo lì a subire, anche disorientati dal comportamento degli altri che è del tutto inaspettato per la sua stessa scorrettezza, bene questo libro cerca di non lasciare che tu resti a bocca aperta e di stucco, senza trovare le parole giuste da dire al momento opportuno.

Di parole diplomatiche e ideali, ce ne sarebbero poi tante da dire, lei ne suggerisce un paio, anche se molte diciamo che possono non apparire affatto fattibili da poter dire, nel senso sarebbe bello poterlo fare, ma risultano troppo " provocatorie" soprattutto se lo psicopatico è un datore di lavoro, bè se si tratta ancora ancora di un familiare, forse si potrebbero anche tirar fuori, e se si vuole lasciare un attimino cuocere  di rabbia un po' lo psicopatico,  bè possono rivelarsi veramente ottime, ma bisogna anche edulcorare un po' le parole, per evitare di  scivolare sulla via del torto.

Ho trovato interessati parecchie citazioni famose di noti scrittori, inoltre anche molte frasi e suggerimenti, quindi posso dire che vale la pena leggerlo, anche solo per semplice curiosità, poi non è libro impegnativo, si lascia leggere velocemente, nonostante qualche parte possa risultare irrealistica e paradossale per alcuni esempi riportati, infatti fatico a credere che siano degli esempi reali, ma semplicemente costruiti ad hoc per il libro.
Inoltre, una considerazione importante è quella di poter imparare molto da queste persone,  perchè se è vero che loro si comportano così con noi, è anche vero che noi stessi gli permettiamo di maltrattarci, perchè ci riflettiamo negativamente, e lasciamo che l'opinione che loro hanno di noi predomini, non avendo un'autostima così ben salda o una personalità forte, che non si lasci influenzare dal giudizio altrui.
 Quindi in fin dei conti, è anche colpa nostra, bisogna avere polso, e conoscere e aver a che fare con uno psicopatico è l'occasione giusta per crescere ed imparare a rafforzare la propria autostima, mettendo in luce quanto siamo migliori di loro, già solo per  la nostra umiltà e  il modo in cui siamo gentili e disponibili, senza fini opportunistici.
Queste sono le verità che il libro rivela, che ho particolarmente gradito, ritenendole espresse in modo efficace, chiaro e  profondamente veritiero.


Riporto qui sotto degli estratti dal libro che mi sono particolarmente piaciuti:

-Un vecchio indiano era seduto con il suo nipotino davanti al fuoco.
 Era già buio e il fuoco crepitava con le fiamme che guizzavano fino al cielo. 
Dopo qualche istante di silenzio, il vecchio aveva detto "Sai come mi sento a volte? È come se nel mio cuore combattessero due lupi.
Uno dei due è vendicativo, aggressivo e crudele. 
L' altro invece è buono, gentile e compassionevole". 
Il bambino gli aveva chiesto:
 "Quale dei due vincerà la battaglia per conquistare il tuo cuore?"
"Il lupo che nutro" aveva risposto il vecchio.

-"Gli individui emotivamente sani non riescono a credere che ci siano persone prive di vera empatia che aggrediscono gli altri in modo intenzionale e programmato, ecco che cercano addirittura giustificazioni per il loro comportamento riprovevole. Intrattenere un rapporto duraturo con questi individui, su qualunque piano si svolga, distrugge le proprie risorse, annienta la bellezza e la fiducia in sé stessi e non lascia altro che terra bruciata. Non conoscendo questi schemi psicopatici, la persona colpita mette in moto comportamenti distruttivi contro la propria persona, e cerca di difendersi e di trovare spiegazioni, cosa che viene interpretata soltanto come un' altra forma di debolezza. Proprio coloro che sono predisposti al senso di colpa diventano bersagli facili, facendo il gioco del loro aggressore. Suscitare sensi di colpa e utilizzarlo per i propri interessi è una loro grande specialità. E in questo modo le vittime sprofondano sempre più nel loro senso di inadeguatezza".






Uno, Nessuno e Centomila- l'esclusa - Pirandello

Pirandello, sempre voluto leggere eppure una forza contrapposta lo respingeva da me.  Superato quel timore da"  Sara una lettura pesante e faticosa" , in realtà si lascia leggere, coinvolge, esercita un potere magnetico Pirandello, soprattutto in "Uno, nessuno e centomila", anche se le riflessioni esistenziali così forti, acute e tanto vere, possono davvero rendere la lettura "poco allegra" , ma avere un  risvolto negativo sul lettore che non vuole confrontarsi con la consapevolezza cruda e avversa, nella continua ricerca di se stessi, di conoscersi pienamente, e carpire gli altri, sfiorare almeno un minimo del vissuto dell' altro e di se stessi e scoprire alla fine che ciò che riflettiamo allo specchio è solo una vile menzogna. Non sappiamo chi siamo né noi né gli altri.

Nessuno conosce il nostro essere né noi possiamo conoscere gli altri, rivelare la loro vera natura oggettiva, ma rimane solo il riflesso di ciò che abbiamo intravisto  nell'altro in base alle nostre impressioni ed emozioni.

Eppure si rimane confinati nel pregiudizio e nell' idea che gli altri si sono fatti di noi stessi e di quello che pensiamo noi di essere e di come vorremmo che gli altri ci vedessero. Ci avvilisce il pensiero degli altri, rifletterci con gli occhi altrui e scoprire che ci vedono in un modo del tutto contrapposto a come noi ci vediamo con le nostre luci e ombre. Ma  cosi facendo ci avvaliamo di una  mera presunzione credendo di conoscerci, di riuscire a vederci nel momento in cui agiamo e parliamo, ma in realtà non possiamo farlo.   

Tuttavia anche gli altri sono presuntuosi, credono di saper cogliere la nostra vera natura in base a quello che vedono di noi  in qualche attimo e istante passato insieme, ma invece ignorano i nostri pensieri, le nostre emozioni e il nostro vissuto che sfugge al  loro sguardo attento.

Pirandello in questo romanzo rivela queste verità così amare e spiacevoli,  che poi di per sé la storia ha una struttura narrativa simile ad un testo teatrale, non ha rilevanza  tanto la scrittura, lo stile e il linguaggio,quanto più le riflessioni che questo romanzo comporta. Anche la trama in sé resta solo un pretesto per indurre il lettore alla riflessione psicologica ed esistenziale.

Un introspezione forzata e dolorosa soprattutto per me, ma che comporta forse anche  un sollievo e una liberazione,  del tipo "nessuno sa chi sono io, nessun ci ha preso, MA..." Rimane alla fine quel MA, che però resta in sospeso, perché appunto questo significa d'altro canto che neanche tu puoi avere una verità assoluta e oggettiva su di loro né su te stessa, e questa si che è una bella gatta da pelare.
Alla fine ci si costruisce solo delle maschere da indossare, dei ruoli da impersonificare nel teatro della vita.

In conclusione  siamo condannati a non conoscerci, ad essere tutti profondamente estranei a noi stessi e agli altri.

Basta solo un dettaglio, un qualcosa che ci fosse sfuggito di noi stessi, la forma del nostro naso, il nostro modo di gesticolare,  tante piccole cose che gli altri vedono e noi no, non possiamo notare, vedere pienamente, con profonda consapevolezza, eppure restiamo lo stesso sconosciuti a loro e a noi stessi.

Questo ci manda in crisi, perchè per tutta la nostra esistenza, non sopportiamo essere rappresentati "per quello che non siamo dagli altri",  a volte troppo idealizzati, in altre occasioni forse troppo imbruttiti e disadorni, eppure allo stesso tempo ci accorgiamo di non avere una verità assoluta tra le mani, che anche il nostro modo di vederci  non è che un' illusione, qualcosa che ci siamo costruiti noi in base al nostro pensiero soggettivo.

Quindi ahimè, è complicato, perchè non siamo altro che noi a volte giudici severi di noi stessi  e altre volte troppo comprensivi, e a sua volta anche con gli altri, possiamo essere troppo cattivi nel giudizio e altre volte forse troppo benevoli, realizzando maschere solo confacenti al nostro modo di intendere il mondo.


"Nell' Esclusa", invece c'è una riflessione meno articolata, più paradossale e controversa, quella del marito che crede di essere stato tradito dalla moglie e la scaccia di casa, non credendo affatto alla sua fedeltà, ma alla fine questa "fama di adultera" non fa altro che alimentare il suo desiderio stesso di tradire il marito.

Devo ammettere che ho fatto fatica a proseguirne la lettura, la scrittura era forse troppo  densa di dettagli irrilevanti ai fini della trama e lo stile lasciava un po' a desiderare sulle prime pagine. Sembrava  un po' come se le parole si ingarbugliassero tra loro e mi sfuggisse il nesso, ma poi giunti verso la metà della storia, quando la protagonista si trasferisce a Palermo, la scrittura inizia a raggiungere un livello alto, piacevole, originale e scorrevole, inizia davvero qui "Pirandello" a farsi narratore e non più  solo commediografo.  Tante scene narrate e descritte in modo efficace, restano impresse, e i suoi personaggi, il loro modo di comportarsi, di parlare ed esprimersi, vengono delineati in maniera impeccabile e perfetta, da sembrare reali, come se potessero uscire fuori dalle pagine del libro.

Pirandello con la sua arguzia, la sua scrupolosa capacità di introspezione psicologica, riesce a scavare alla perfezione nell' animo umano, riuscendo a delinearne dei tratti così veritieri, da  suscitare nel lettore una certa inquietudine, strappando un sorriso amaro dalle labbra.





















giovedì 27 dicembre 2018

Cipria di Su Tong

Appena iniziato è già finito. La scrittura di Su Tong è molto fugace,struggente e limpida.  Un libro che cattura l'attenzione dalla prima pagina fino alla fine. Poi non è un libro di parte, non prende posizioni politiche, ma ti fa capire realmente come andavano le cose in Cina, precisamente a Shangai, agli inizi  del regime dittatoriale comunista.  I campi di lavoro, si proponevano come centri di rieducazione, costringendo le prostitute a lavorare tante ore per cucire sacchi di yuta per i soldati. Non c'è un evidente pensiero politico in Su Tong, infatti la storia non si focalizza sui campi di lavoro, ma  riflette sulle possibilità di queste prostitute-amiche di cambiare vita, tagliare i ponti con il passato e tornare sulla retta via, ma le insidie sono tante lungo il cammino.

Il destino delle due donne si dipana e discosta l'uno dall'altra, in base alle loro scelte e alla loro propensione caratteriale, tuttavia per entrambe il processo di espiazione si rivela amaro e difficile,  e nel loro tragitto finiscono per separarsi, a causa di un uomo.

"Un uomo"  che viene definito come una corriera da prendere per l'una o l'altra,  da non lasciarsi scappare, eppure appare evidente  che il destino di quel loro "comune cliente" fosse quello maggiormente influenzato e dipendente dall'una o l'altra donna,mentre loro, le donne non mutano solo grazie all'uomo, il loro animo cambia, solo in base alla loro volontà.

Su Tong percorre  le scelte delle due donne, subito dopo essere state al campo di lavoro, una fuggita dal camion che doveva condurle lì, e l'altra invece finita al campo di lavoro.

Paradossalmente quella stata al campo di lavoro, continuerà a perseguire la via sbagliata, mentre l'altra scampata cambierà del tutto vita, anche se il cambiamento appare comunque aspro e arido, presentando soltanto qualche magra consolazione.

Qualsiasi scelta sbagliata viene pagata a caro prezzo da entrambe le due protagoniste, nessuno sconto per nessuna delle due, solo una piccola "deviazione fortunata" dettata dal buon senso di una delle due.

Su Tong ci comunica che non è facile entrare nella vita degli altri, dettare regole, stabilire cosa sia giusto o meno, su qualcuno si può fare la differenza anche con un semplice battito di ciglia, mentre su altri, qualsiasi azione o atto si compia in nome del suo stesso bene apparirà futile, la persona non muterà atteggiamento, ma persevererà sui medesimi errori, perchè solo in quelli ci si sente al sicuro e appagati, poichè si ha paura dell'ignoto, di quello che non si conosce, di mutare le proprie abitudini.

Lo stile di Su Tong appare semplice, immediato e spedito, le pagine scorrono velocemente, eppure l'uso delle parole e del linguaggio non appare per nulla banale e scontato, anzi sembra essere accuratamente e sapientemente scelto.

Inizialmente  Su Tong  ci presenta i protagonisti in modo oggettivo, guardandoli quasi in lontananza, senza scrutare affondo nel loro animo, le loro emozioni ci appaiono velate, nascoste sotto una coltre pesante e inaccessibile.

Ci appare tutto come una sequenza di azioni e di situazioni, come se fosse la scena  dettagliata di un film, ma non si vede nient'altro, non si entra in empatia con i personaggi  dato il distacco e la freddezza con la quale ci vengono presentati.

Ma questa distanza iniziale appare voluta e ricercata, dato che poi piano piano, proseguendo con la lettura ci si avvicina sempre di più ai personaggi fino a svelarne tutte le loro fragilità e insidie.

Su Tong gioca molto su questo, sulla distanza iniziale con i personaggi, fino ad arrivare ad avvicinarsi sempre di più a loro, sfoggiandone un primo piano sempre più accurato, sviscerando l'animo umano nelle sue imperfezioni.



















martedì 2 ottobre 2018

L'amore contro di Mauro Covacich

Al Libraccio vengo attratta dalla copertina del libro, un disegno di Mark Ryden "Just the Girls". Poi leggo qualche informazione sull'autore e scopro che è uno scrittore triestino, questo attira ulteriormente la mia attenzione, oltre la storia d'amore cruda e quasi grottesca tra una prostituta e un espurgatore di fogne. È un libro scorrevole, quello che più si può apprezzare dello scrittore è che non si perde in mille descrizioni, e il linguaggio è abbastanza semplice senza scadere troppo nella volgarità, anche se il libro presenta delle situazioni di abusi sessuali abbastanza pesanti e può risultare sconveniente e difficile da digerire. La narrazione procede tra il punto di vista di Sergio l'espurgatore di fogne, uno scambio di lettere tra le due sorelle Ester- la prostituta e Angelica. Scorrendo le pagine, si evidenzia sempre di più questo rapporto di amore e odio fra le due sorelle, ed emergono rancori mai assopiti causati anche da un uomo se così vogliamo chiamarlo, io lo definirei più un "mostro".Ci sono pagine piuttosto raccapriccianti sul rapporto della protagonista con quest' uomo. Non è un libro per tutti, però nel mio caso nonostante il finale sia abbastanza grottesco, devo dire che nel complesso mi è stranamente piaciuto.
È un libro che mostra una realtà avversa, arida e cruda che molto probabilmente non vorremo vedere ma c'è. Non si simpatizza per i protagonisti, ma si prova compassione per loro, si spera in una loro ripresa, ma è molto difficile riemergere dalle "fogne". Molto spesso per riemergere ci si affida il più delle volte a fattucchieri di telesanto.  Una realtà umana così sporca, ma allo stesso tempo innocente e ingenua  da credere alla magia dei truffatori alla Vanna Marchi. Quello che più mi ha colpito di questo libro è l'accostamento di queste due realtà sovrapposte. È un libro atipico nella narrativa italiana, dato che nel modo in cui è scritto non sembra un autore italiano, forse perché gli autori italiani appaiono quasi sempre pressanti nelle descrizioni e hanno un modo di scrivere più complesso e pesante. Un libro che lascia l'amaro in bocca sul finale, così immediato  e affrettato, ma  più  confacente alla crudezza del libro, un finale diverso sarebbe stato molto probabilmente più piacevole, ma avrebbe stonato di gran lunga con il sapore amaro e drammatico della storia.


mercoledì 12 settembre 2018

La ragazza del convenience store di Sayaka Murata

Keiko Furukawa è una trentenne che lavora part-time in un kombini ( un minimarket in cui vendono svariati cibi pronti, dal sushi  ad altre leccornie giapponesi). A quell'età tutti si aspettano che lei si sposi, sforni dei bambini o altrimenti che faccia carriera. Questo libro è molto carino, frizzante e ironico, mette in luce quello che spesso celatamente la società ci impone. Ovviamente il libro è molto improntato sulla società giapponese molto rigida e precisa, tuttavia ci sono anche dei stereotipi non così tanto differenti dai nostri.
Keiko da sempre si sente un extraterrestre, non riuscendo a conformarsi alle convenzioni sociali.
L'unico luogo nella quale riesce a sentirsi a suo perfetto agio è il kombini in cui ci sono delle regole  efficacemente prestabilite. Ma l'entrata in scena del nuovo dipendente  più strampalato di lei, porterà scompiglio nella sua vita. Questo libro è stato paragonato a "Kitchen" di Banana Yoshimoto, ora non ho letto Kitchen, ma conoscendo la Yoshimoto e il suo stile, direi che il paragone non regge.
Sono due stili completamente diversi, la Murata scrive in modo molto fluente e coinciso, con mordace ironia e leggerezza, cosa che non potrei mai dire della Yoshimoto. In questo caso il libro non è molto descrittivo, è molto più incentrato sui pensieri della protagonista e le situazioni di disagio sociale con le amiche che continuano a chiederle quando si darà una mossa a lasciare il suo lavoro da commessa part-time al Kombini, trovare un vero lavoro o a metter su famiglia.
Inoltre,si intuisce anche qualche spunto biografico dato che la scrittrice ha realmente lavorato in un Kombini, infatti  descrive minuziosamente le giornate lavorative al Kombini e tutto ciò che lo riguarda. Inoltre, la protagonista risulta particolarmente ossessionata dal Kombini in maniera quasi surreale e divertente. A me fa pensare tutt'al più allo stile leggero e scorrevole di una light novel.  A parte il finale forse un po' troppo precipitoso, devo dire che mi è piaciuto molto per l'originalità della storia e per questa efficace critica alle convenzioni sociali, senza scadere nella polemica, ma limitandosi a parlarne in maniera esilarante.
La scrittrice riesce efficacemente a descrivere le situazioni di disagio in cui le amiche e tante altre persone si sentono in dovere di dire alla protagonista cosa dovrebbe fare, quasi come a volerlo imporre nella convinzione che sia la cosa migliore, perché appunto è così che vuole che si faccia la società, e quindi si dà per scontato che sia quindi anche la cosa migliore e giusta per lei. In queste circostanze, Keiko con i suoi sotterfugi, e pensieri ci strappa più di una volta un sorriso.

mercoledì 5 settembre 2018

Anna Karenina di Lev Tolstoj

È difficilissimo fare una recensione su questo romanzo, dato che necessità di un occhio esperto, la capacità di analizzare anche il minimo dettaglio.Per esempio in una recensione che lessi su questo libro tempo fa, parlava degli efficaci  giochi di sguardi tra i personaggi, quando avviene l'incontro tanto atteso tra Anna Karenina e Vronskij.  Una cosa devo dirla, vi sconsiglio di vedere qualsiasi film su "Anna Karenina", soprattutto quello con Keira Knightley, mettendo da parte il mio odio personale per quest' attrice,il film è fatto malissimo e non rende minimamente giustizia al libro. Ma in realtà credo che nessun film possa rendere fedelmente la storia di questo libro, insomma è una storia che va letta, anche se è un mattone e mi rendo conto che questo possa demoralizzare qualsiasi lettore coraggioso, non ci sono vie di scampo né scuse, bisogna leggerlo almeno una volta nella vita. La trama in sé potrebbe risultare banale, ricordare "Madame Bovary", "L'amante di Lady Chatterley",ma in realtà Anna Karenina mantiene la sua unicità e identità. Tolstoj riesce a descrivere così minuziosamente l'animo umano  con i suoi pregi e debolezze, da umanizzare i suoi personaggi, renderli vivi,in carne e ossa. Inoltre la corposità del romanzo è solo apparente, dato che non ci sono periodi lunghi come nei romanzi  di Dostoevski.
Per quanto io ami Dostoevskij,  i suoi romanzi mi sono parsi molto  più complicati e pesanti da leggere. La parte noiosa è stata verso la fine, molto probabilmente l'espressione del suo pensiero cattolico non ha trovato il mio favore, in più alcune pagine verso la fine non mi sembravano strettamente necessarie ai fini della storia. Ma nonostante tutto è un romanzo che consiglio a pieni voti! Ho adorato tutti i personaggi, dalla complessa, contradditoria ed emblematica protagonista che perde la stessa ragione, man mano che va avanti il romanzo, la paura dell' abbandono da parte di Vronskij, innesca una serie di situazioni e meccanismi mentali malati e insani, che porteranno al triste, cruciale e inesorabile epilogo. Tolstoj, pur essendo un uomo riesce ad entrare in piena sintonia con il personaggio di Anna, riesce a cogliere tutte le sfumature delle sue fragilità e paure di donna, che teme l'abbandono del suo amante. Anna non è un bel personaggio, anzi in certe parti appare anche miserabile e turpe nei suoi comportamenti, anaffettiva nei confronti dei figli, come se il suo amore per Vronskij la prosciugasse a tal punto da non trovare spazio per un altro sentimento.
D'altro canto, anche nel suicidio, Anna non è un personaggio davvero da biasimare più di tanto, poichè a differenza delle trasposizioni cinematografiche nella quale il suo gesto appare disperato, nel romanzo in realtà il suo gesto appare molto vendicativo nei confronti di Vronskij.
D'altra parte Vronskij appare come una vittima delle follie di Anna, che vuole trattenerlo a se a tutti i costi, anche senza che ci sia nessun evidente pericolo che fugga da lei.
Nelle trasposizioni cinematografiche le intenzioni di Vronskij non appaiono quasi mai del tutto trasparenti,  allo spettatore sorge quasi il dubbio che forse le gelosie di Anna siano in qualche modo fondate. Nel romanzo si evidenzia che Vronskij dopo la morte di Anna, non trovi molte ragioni per continuare a vivere e quindi decida di andare in guerra, prestando aiuto militare in Serbia, nella speranza di non sopravvivere per non ricordare il viso di Anna e la sua tragica morte, di cui si sente responsabile.

Tuttavia, nonostante Anna, non sia un modello da seguire, anzi proprio l'esatto opposto, sembra un personaggio in carne ed ossa proprio per la sua imperfetta autenticità.

Nonostante Tolstoj, criticasse il naturalismo di Emilie Zola ritenendolo troppo esplicito e volgare, si coglie in questo romanzo un introspezione psicologica  accurata dai suoi personaggi tanto da farli risultare  reali e veritieri.

Inoltre, un personaggio che ho maggiormente amato è stato Levin, in cui si evidenziano tanti spunti biografici da parte dello scrittore, come se fosse l'alter ego di Lev Tolstoj. Forse il personaggio che ho trovato maggiormente insopportabile è stato il marito di Anna, ma alla fine anche in questo caso, Tolstoj non delinea un profilo di per se negativo del personaggio, non un  banale antagonismo, ma semplicemente un uomo austero, freddo e superficiale, che si cura più delle convenzioni sociali, insoddisfacente per lo spirito passionale di Anna, ma in molti passaggi appare evidente che Aleksej si penta di essere stato così padrone e controllato alla scoperta del tradimento di Anna, e si delineano spesso le sofferenze di un uomo affranto e tradito.
Forse la donna  dalla quale il marito si lascia manipolare è il personaggio  peggiore in assoluto e descritto in maniera un po' sbrigativa, lasciando spazio a varie interpretazioni, cioè o era matta e credeva veramente nel santone chiaroveggente, oppure era una turpe manipolatrice.

Ciò che si può apprezzare nella scrittura di Lev Tolstoj è la quasi  totale assenza di eccessive descrizioni, la sua scrittura si focalizza più sulle dinamiche umane, sui sentimenti e la mente umana, sviscerando tutte le paure, fragilità e sentimenti umani, i dubbi dell'uomo sull'esistenza e la morte.

domenica 19 agosto 2018

Non buttiamoci giù di Nick Hornby

Famoso per "Alta fedeltà" e "un ragazzo", Nick Hornby  è uno scrittore  dall'ironia inglese pungente, i suoi libri sono abbastanza scorrevoli e immediati, ma le storie dei propri personaggi non risultano quasi mai banali e scontate. Peccato che da "Come diventare buoni" c'è stato come un cambiamento di rotta nel suo modo di scrivere,forse mancanza di inventiva e di nuove idee. "Come diventare buoni" non sono mai riuscita a finirlo di leggere, la storia di una donna che divorzia da suo marito, non mi ha per nulla coinvolto, non capivo davvero che piega volesse prendere la storia e alla fine l'ho abbandonato per sempre, e per una come me che divora i libri è più che strano.
Non mi piace lasciare i libri a metà, mi crea una sensazione sgradevole di qualcosa di incompiuto, ma quando un libro mi risulta tanto odioso e fastidioso, non mi forzo neanche più e alla fine mi rassegno. Mi capitò di vedere " non buttiamoci giù" il film, un' americanata buonista, che si conclude con un lieto fine forzatissimo, così per curiosità ho voluto leggere il libro prestatomi dalla mia più cara amica. Sicuramente si presenta migliore del film, ma in realtà è una storia dal ritmo molto fiacco, mi aspettavo qualcosa di più accattivante, invece anche le battute ironiche sono stentate e forzate, e una tematica come quella del suicidio non è sulle corde del buon caro Nick Hornby, sembra una tematica che non gli appartiene affatto, che non conosce a livello personale, e allora perché farne un romanzo? Poi la storia non è neanche originale, ricordo di aver sentito parlare in precedenza, tanti anni fa, di un manga che trattava la stessa tematica " persone di diversa fascia d'età,di diversa astrazione sociale, con diversi vissuti e situazioni, che decidono di uccidersi e alla fine si incontrano, si riuniscono, e poi ci ripensano". Ovviamente poi le storie saranno diverse e trattate in maniera del tutto differente, ma secondo me la narrazione di Hornby non è stata molto efficace e sensata nel trattare un argomento di tale portata, mi aspettavo qualcosa di più.
Inoltre devo ammettere di aver apprezzato un po' di più il film per quanto riguarda la storia d'amore tra JJ e Jess, che ovviamente nel libro non è affatto menzionata, ma quanto meno rendeva la storia più accattivante. Non mi sento di dire che sia un pessimo libro, di libri ben peggiori ne ho letti, direi solo che era un libro con tante buone idee, ma che non sono state sviluppate nel migliore dei modi.  Carino, ma non troppo, si poteva far di meglio. Resto dell' idea che "Alta fedeltà" e "un ragazzo" restino i migliori libri che abbia scritto, a meno che non mi ricreda leggendo altri libri  poco conosciuti di quest' autore.


venerdì 3 agosto 2018

Io prima di te di Jojo Moyes

Prima che uscisse il film con la fantomatica  attrice "Emilia Clarke -Daenerys nel" trono di spade", non avevo mai sentito parlare di questo libro.

Non avrei mai preso in considerazione di leggere un bestseller se non che la storia, mi riportava ad una storia che avevo scritto tempo fa, "La primavera di Kai", a questo punto tanto vale sputtanarmi per bene, e riportare il link del sito e della storia, ma se volete sbattervi per leggerla, e se ne avete davvero tanta voglia bè dovrete registrarvi nel sito,la registrazione è gratuita , specifico:

https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3144651&i=1



Non ho plagiato, credo solo che fosse un periodo in cui si iniziasse a trattare temi forti nei film, nei libri, e sicuramente come alla Jojo Moyes, anche a me era partita l'ispirazione di parlare dell'argomento disabili e amore, anche perchè premetto non avevo mai sentito parlare nè del libro nè del film, fino a che dopo aver finito di scrivere la storia, dopo non è uscito il film che poi ho scoperto tratto da un libro.

Poi ovviamente, le storie si discostano molto sia nel finale, che nelle vicende, l'elemento comune è l'amore e la disabilità.

Così è normale che mi sia venuta la curiosità di vedere il film, e poi insoddisfatta dal film, ho deciso di leggere il libro, anche se sapendo che ci fossero dei seguiti, l'idea non mi entusiasmava molto.

Mi sono perfettamente ricreduta, il libro è molto bello, scritto in modo molto semplice e scorrevole, ti fa venire voglia di continuarlo fino alla fine.

Mi sono ustionata sotto all'ombrellone pur di finirlo!

Non è un libro allegro, questo è certo.

E' uno di quei libri che banalmente sembra la classica storiella d'amore, ma alla fine ti rendi conto che non lo è, che non ci sarà un lieto fine per i protagonisti, è che è un libro triste-strappalacrime, più profondo di quello che credessi.
Suggerisco di leggere il libro e di non vedere il film, dato che il film non riesce efficacemente ad esprimere le emozioni dei personaggi e a farti emozionare allo stesso modo.

Tanti gesti, azioni, sensazioni e pensieri nel film o sono espresse male, o in maniera troppo sbrigativa, oppure ci sono pezzi, interi capitoli del libro del tutto tagliati o dialoghi del tutto reinventati.

Il libro anche se non ha un finale allegro, nel vero senso del termine, devo dire che in realtà riesce a trasmettere un messaggio molto positivo, dà la carica, ti fa capire che tanti di quei problemi che ti affollano la testa sono stupidaggini.

Che se sei una come la protagonista, rintanata nella tua confort-zone, abitudinaria, che ti limiti a stare lì nel tuo paesino desolato, senza fare esperienze di nessun genere, probabilmente stai sprecando il tuo tempo.

Si potrebbe tradurre con "carpe diem", cogli l'attimo, ma sarebbe troppo semplicistico.

Ci si accorge entrando dentro determinate realtà pesanti e difficili, come quella di Will, un uomo rimasto tetraplegico, che le nostre paura e difficoltà sono sciocchezze al confronto.

La gravità di certe situazioni irrisolvibili, ci porta a ridimensionare i "nostri problemi" e a trovare soluzioni anche dove non le vedevamo.

Mi sono rivista tanto nella protagonista, e questo libro in un certo senso mi ha dato una scossa, mi ha fatto venir voglia di uscire dal mio cantuccio sicuro e di aprirmi forse un po' di più alla vita, e a miliardi di cose che si possono fare per vivere una vita piena e soddisfacente.


I seguiti "io dopo di te" e "sono sempre io", mi paiono un gran trovata commerciale alla quale non oso nemmeno avvicinarmici, dato che la storia di "io prima di te" è fine a se stessa, e i seguiti risultano solo essere una gran forzatura.


Anna,io, Anna di Klaus Rifbjerg

La follia pura, quella insensata, priva di spiegazione, ecco quello che rappresenta questo libro. La maestria di avere una vita perfetta e rovinarsela, a causa di un ossessione folle quella di voler uccidere la propria figlia. Anna rappresenta tutte quelle donne sposate represse, insoddisfatte che primo o poi finiscono per far qualcosa di pericoloso, insomma quelle che primo o poi ci scappa il morto.
Non so dire se sia o meno un libro bello o brutto, sicuramente rappresenta uno spaccato di realtà sgradevole, forse da questo tipo di realtà si preferisce chiudere gli occhi e non vederla,non vedere né sentire il notiziario del TG, che parla di madri che uccidono i propri figli. Ma in questo caso, la storia prende un' altra piega per non uccidere la figlia, finisce per far qualcosa di altrettanto folle, scappa con un delinquente in Italia.
Il finale si rivela insoddisfacente e sconclusionato, ma la storia in sé, non mi è tanto dispiaciuta, sarà che mi piacciono le storie strampalate, sarà che lo scrittore si rivela molto bravo nel descrivere e rappresentare la storia. La protagonista l'avrei presa a schiaffi, ma credo che lo scrittore lo abbia fatto di proposito a rendere la protagonista un personaggio insopportabile, per cui si prova una certa repulsione, ma allo stesso tempo compassione per la sua follia che la porta a fare un mucchio  sciocchezze che stravolgeranno la sua vita, in negativo si intende.

Non è una lettura affatto leggera, le prime pagine sono disorientanti, difficili e pesanti, inoltre il fatto che lei parli spesso di se stessa in terza persona l'ho trovato a dir poco fastidioso.

Non è un libro da tutti, è più uno di quei libri nella quale più della storia in sé, è più interessante l'introspezione della protagonista, la sua carica emotiva  e  il suo problema, il suo esordio di follia.

In un certo qual senso, si intuisce che il desiderio di uccidere la figlia, derivi come in quasi tutte le idee della persone pazze, dal "voler proteggere" la persona amata dalla vita stessa, dai dolori che essa comporterà, e non a caso si accentua che riveda la figlia come se fosse una piccola se stessa inconsapevole dei dolori e delle amarezze a cui andrà incontro. Insomma un libro del tutto folle, se avete il coraggio di volervi tuffare negli esordi della pazzia, questo libro farà di sicuro al caso vostro!





sabato 21 luglio 2018

L'uomo che voleva uccidermi di Yoshida Shuichi

Premetto  che non ho mai letto molti noir in vita mia, in special modo giapponesi.
Intanto partiamo dalla trama, la storia intuibile dal titolo, narra di una ragazza di Nagasaki, Yoshino, figlia di un barbiere, che è stata misteriosamente uccisa. Attraverso ogni capitolo ripercorriamo le vicende di tanti personaggi strettamente connessi alla morte della ragazza.
Ogni capitolo è un tassello per arrivare alla cruda verità sulla morte di Yoshino, fino a che tutti i tasselli non combacino e si arrivi a completare il puzzle, scoprendo la verità.

Il ritratto che spesso delineano dell' assassino è quello di una persona crudele e priva di umanità e se invece non fosse così?! E se invece si trattasse di qualcuno nella costante ricerca di amore nel posto sbagliato? Vittima della vittima stessa, quanto è labile il confine tra carnefice e vittima?

Questo libro si è rivelato molto coinvolgente, pieno di suspence, di sentimenti e  dotato di un'accurata introspezione psicologica dei personaggi.
L'unico personaggio che appare leggermente inspiegabile con il senno del poi, appare proprio Yoshino, la ragazza uccisa, ma credo che l' alone di mistero sia voluto e ricercato dall'autore.
Non è un semplice noir, è un libro disturbante, che lascia tanti spunti di riflessione su come sia labile il confine tra bene e male, di come alla fine spesso l'ingenuità possa far più danno di un'efferata crudeltà. Non ci sono carnefici, ma solo vittime del proprio passato e della propria indole caratteriale.
E' un libro che coinvolge senza annoiare, che non si dilunga in inutili descrizioni.
 Nonostante si intuisca facilmente chi sia l'assassino non appare affatto scontato, dato che il mistero è giocato più sul movente dell'assassinio.
Il finale resta aperto, anche se  in realtà lo scrittore ci ha fornito una chiave interpretativa abbastanza  deducibile, senza bisogno di spiegarla accuratamente di suo pugno, dato che ci ha fornito un analisi psicologica ben accurata, da far dedurre le motivazioni dietro ogni  atto o azione compiuta.

Mi dispiace, solo che di quest'autore non si trovino altri libri in italiano, dato che si è rivelato una straordinaria scoperta!


giovedì 14 giugno 2018

Il miniaturista di Jessie Burton

Appena finito di leggerlo con un misto di delusione,amarezza,ma allo stesso tempo inaspettata sorpresa.
Avevo comprato questo libro con un entusiasmo a dir poco febbrile, credevo fosse un libro fiabesco,sullo  stile di "Matthias Malzieu" e di "Neil Gaiman".
Inutile dire, che mi sono sbagliata, di fantasioso c'è  soltanto la figura misteriosa della miniaturista, che ricrea delle piccole miniature in cui prevede in un certo senso il destino dei personaggi, ma in realtà non è tanto l'elemento portante della trama, infatti il titolo è fuorviante. A dire il vero, è fuorviante anche la descrizione della trama sul retro copertina, che lascia supporre che ci sia una storia d'amore passionale, ma che purtroppo o per fortuna non c'è.
In sostanza, credevo di ritrovarmi in una storia d'amore ambientata verso la metà del seicento, ad Amsterdam, e invece mi ritrovo dentro ad una storia che è tutto l'opposto del romanticismo.
Nella ha 17 anni quando viene data in sposa al mercante Johannes Brandt, inizialmente si pensa quasi che tra i due possa nascere per davvero l'amore, da quel matrimonio sagacemente combinato,ma l'autrice in questo senso ha peccato di originalità e sadismo, volendo direzionare la storia su tematiche più forti, quali l'omosessualità e di quanto la legge e la chiesa fosse severa e ottusa da definirlo un reato da punire con la morte.
Temi sicuramente apprezzati, anche se inizialmente, da come si era presentato il romanzo il fatto che Johannes fosse gay mi ha particolarmente deluso, dato che in tutto il romanzo si rende evidente quanto Nella si sia innamorata di suo marito, e anche se lui non osa spingersi più in là di un bacio, sembrava che lo facesse per rispetto, in attesa di conoscersi meglio... Insomma mi sono sentita un po' presa per i fondelli dall' autrice, e questo mi ha guastato la lettura.
Ma alla fine sono contenta di non aver abbandonato la lettura, dato che ho potuto in un certo senso ricredermi. Non era il libro che mi aspettavo di leggere, ma nonostante tutto, si è rivelata una buona lettura, a tratti coinvolgente in altri un po' meno, con tante emozioni poco descritte. Inizialmente  i personaggi sembrano tutte bambole manovrate dai fili del miniaturista, senza alcuna emozione, ma solo alla fine si ha l'opportunità di scoprire a fondo l'anima dei personaggi. In fondo, il fatto che non sia una storia d'amore lo rende meno scontato, originale e sorprendente, anche se mi ha lasciato un certo amaro in bocca per l'epilogo crudo e amaro.
Aveva voglia di una storia più frivola e allegra, e invece mi sono ritrovata un romanzo ben scritto su una realtà seicentesca cruda e imperdonabile. Tuttavia anche se tra Nella e Johannes non è amore, si percepisce tra loro una complicità profonda, persino più intensa di quella di due innamorati,  dato che tra tutti gli sguardi, Johannes verso la fine  ricerca lo sguardo di Nella, della moglie che non ha mai toccato, e lei allo stesso tempo ricerca disperatamente il suo. Quindi mi è piaciuto o non mi è piaciuto? E' ardua la sentenza, credo che su molti punti la storia presenti dei profondi buchi neri, poca introspezione e  mi sarebbe piaciuto che il personaggio della miniaturista fosse ampiamente svelato, dato che il titolo è appunto "il miniaturista".
Tuttavia non posso neanche dire che sia un pessimo romanzo, posso dire che è carino nonostante sia noioso su molti punti, poichè l'autrice si sofferma su particolari superflui, anzichè soffermarsi su aspetti che potevano rivelarsi più interessanti, per esempio questa benedetta figura della miniaturista chi è chi non è, liquidare il senso della sua figura con un concetto meramente filosofico sull' essere fautori del proprio destino, non mi ha del tutto soddisfatto.


sabato 9 giugno 2018

Mathilda di Victor Lodato

Un libro che ha riscosso molto successo in America e altri paesi, sicuramente perché è un libro che arriva dritto al cuore.
Ho scoperto questo titolo per puro caso.
Ovviamente non è da confondere con Matilda di Rohal Dahl, quello è più un libro sul significato dell' essere bambini, questo invece tratta di ben altro, tocca una fascia di età più complessa, quella dell' adolescenza.
Alcuni hanno voluto paragonarlo al "giovane Holden", e per alcuni aspetti forse lo ricorda, ma non del tutto.
È una storia più moderna, più vicina ai nostri tempi.
Un'altro tratto interessante è che l'autore non accenni mai esplicitamente all' ambientazione, si fa fatica a capire che la storia si svolga in America facilitando un immedesimazione, rendendo la storia più vicina a noi.
La trama è in apparenza semplice e lineare: Matilda ha tredicenni, ed oltre ai drammi di tutte le adolescenti: il corpo che cambia, i ragazzi e le  riflessioni sull' essere o non essere, si trova a vivere un dramma ben peggiore, la morte di sua sorella Helene, aveva solo sedici anni quando un uomo la spinse sotto un treno e Matilda non riesce a darsi pace vuole scoprire chi sia stato ad uccidere sua sorella. Dinnanzi l'indifferenza dei suoi genitori che si chiudono nel loro dolore senza parlarne con lei, inizia ad essere dispettosa e a voler diventare cattiva per attirare l'attenzione dei genitori.
Non fatevi strane idee,molte recensioni e premesse stesse del libro traggono in inganno, Matilda non è banalmente uno di quei libro in cui una tredicenne gioca a fare la piccola detective. Non è un giallo adolescenziale, ma piuttosto un libro di formazione nella quale la protagonista intraprende un percorso di accettazione del dolore che la perdita di una persona cara comporti, quel senso di desolazione e di  colpa che attanaglia tutti quando si perde qualcuno, e si brancola nel buio alla ricerca disperata di  un colpevole su cui scagliare la propria collera. Un libro intenso,  riflessivo,  moderno, che ti fa scoprire cosa significa essere adolescente al giorno d'oggi.
Ormai lontana da quel periodo, pensavo sarebbe stato difficile ritrovarmi tra le pagine di questo libro, e invece no, l'autore è riuscito a coinvolgermi nella storia di Matilda.  Nonostante la drammaticità della storia, il libro non risulta pesante, ma abbastanza scorrevole, forse mette solo un po' malinconia e tristezza, ma si conclude con un messaggio propositivo.
Inoltre ciò che mi ha colpito di più, sono state le  forti e intelligenti riflessioni sul terrorismo. Si mette in discussione il vittismo americano, ricordandoci che gli oppressi non sono solo vittime,ma sono stati in passato carnefici, e gli stessi che adesso chiamiamo  "terroristi", in passato erano le vittime dei giochi politici e degli interessi economici dell' America e di tanti altri paesi.


lunedì 23 aprile 2018

Dracula di Bram Stoker

Bram Stoker si ispira alla celebre storia  di Vladimir l'impalatore realmente esistito in Transilvania. Forse per questa ragione lascia un alone di mistero attorno al personaggio di Dracula, non è ben caratterizzato come nel film di Coppola, inutile dire che il film non ha niente a che vedere con il romanzo, ma del resto mi sento quasi di voler giustificare l'iniziativa del regista, dato che nel libro non accade assolutamente niente, è una storia piuttosto piatta, con dei personaggi assolutamente insopportabili e puritani.
Inizialmente la storia parte bene, appare coinvolgente, nella parte in cui Jonathan Harker, un procuratore si reca a casa del conte Dracula, per una commissione di lavoro, e credo che nessun film riuscirà mai a rendere le atmosfere cupe e le situazioni grottesche e psicologiche che si innescano durante il soggiorno del protagonista. Sfortunatamente abbandonata la Transilvania,  la storia va a avanti a Londra, con tutta una serie di lettere e diari dei vari personaggi rivelandosi confusionario, dispersivo e noioso.
Molto spesso mi è parso di leggere un'inno al cattolicesimo esagerato, ho pure pensato che tanto valesse leggermi la bibbia.  Un vero peccato perché l'inizio me lo sono letteralmente divorato, mi piacevano anche i moltissimi richiami ai piatti tipici della Romania e ai loro usi e costumi, peccato che poi si perde in un buonismo cattolico fastidioso, la parola Dio non sa quante volte l'abbia letta e poi i dialoghi infiniti con tante premesse perbeniste e moraliste, ok che erano altri tempi però... Ho anche percepito tanto maschilismo in questo romanzo e tante pagine da leggere praticamente inutili, le avrei quasi volute saltare per la noia  nella speranza che dopo arrivasse la parte intrigante e coinvolgente, ma invece non arriva mai. Dopo tanta fatica, il finale lascia molto a desiderare, appare frettoloso e senza alcuna descrizione e precisazione, che in questo caso sarebbe risultata più che gradita. "Una mostruosa  delusione", che non mi  sarei mai aspettata, data la celebrità di questo romanzo, che a questo punto mi sento di dire che sia stato molto sopravvalutato. A parte l'inizio, e qualche parte del romanzo mi sento di dire che non c'è nulla delle atmosfere gotiche e cupe che mi sarei aspettata. Inoltre molte situazioni mi innervosivano perché erano praticamente inutili, per esempio le incomprensioni tra i personaggi quando Van Helsing chiede al fidanzato di Lucy di aiutarlo a riprendere il cadavere di lei dalla tomba per tagliarle la testa e piantarle un paletto sul cuore, senza spiegargliene la ragione e  ovviamente il fidanzato si rifiuta, e quindi altre 10 pagine di romanzo scorrono così, quando il malinteso poteva benissimo essere risolto, se Van Helsing glie lo avesse spiegato, e invece no, devono passare 10 pagine affinché spieghi che Lucy è diventata una vampira.
Questa è stata la situazione che mi ha arrecato più fastidio e perplessità a tal punto che volevo smettere di leggerlo.
Leggevo in giro, tra le recensioni di questo romanzo, che secondo molti Bram Stoker sia di gran lunga superiore ad Edgar Allan Poe nel genere horror e gotico.
Io comunque torno volentieri a leggere Edgar Allan Poe!
Aggiungo a questa recensione una nuova nota, dato che ho avuto un accesso dibattito in un gruppo di  libri su Facebook  nei riguardi di questo libro.
Differenza romanzo e film:
Non c'è alcuna storia d'amore fra Dracula e Nina, come accade nel film, in cui si accenna al fatto che Nina sia praticamente la reincarnazione della moglie di Dracula, data la sua somiglianza con la moglie di Dracula.
Semplicemente Dracula la controlla e la manipola a suo piacimento, ma non si accenna ad alcun sentimento romantico da parte del conte.
L'unica storia d'amore che c'è, è quella fra Nina e Jonathan, che non è neanche molto passionale. Amore per la fede cristiana si, infatti grazie a quello sconfiggono il male rappresentato dal conte Dracula. Poi si parla tutt'al più di amore per la vita, uhm forse più di istinto di sopravvivenza del conte Dracula, il desiderio ossessivo di vivere in eterno, al di là di quali siano i mezzi da utilizzare per farlo.

venerdì 30 marzo 2018

Il figlio del diavolo di Georgette Heyer

Questo libro è stata una straordinaria e sconvolgente sorpresa, preso alla "biblioteca privata itinerante del signor Tramonte" senza troppe pretese e invece si è rivelato essere un gran bel libro per il suo genere romantico. Molti paragonano la Heyer a Jane Austen, ma secondo me il paragone non regge,senza nulla togliere alla Heyer, ritengo che lo stile e il modo di scrivere sia del tutto differente. Jane Austen nei suoi romanzi ricostruisce perfettamente gli usi e i costumi dell' epoca, in modo tanto accurato e peculiare che hai la sensazione di essere lì, la Heyer è più  da romanzetto rosa ottocentesco, ovviamente meno dozzinale di quello che potrebbe essere un romanzo rosa, più accurato e divertente. Sicuramente ha stile la Heyer, ma non da raggiungere il livello di Jane Austen, ma secondo me non si proponeva lei stessa di voler raggiungere quel livello, è più una lettura leggera e dilettevole. Mi dà l'idea di una donna che se la rideva sotto ai baffi nella stesura di questo romanzo, dato che ci sono svariate parti divertenti e burlone. Indimenticabile lo zio Rupert con le sue battute, mi ha davvero regalato grasse risate. Un romanzo che coinvolge per il suo giocoso capovolgimento dei ruoli, Mary da vittima del  seducente marchese libertino Vidal, ne diventa carnefice. Vidal  viene percepito inizialmente come un uomo rude, brutale, sfrontato e per nulla romantico, ma in qualche modo si rivela essere sin dalle prime pagine affascinante, allo stesso tempo Mary la protagonista non si rivela essere la solita e fragile figura femminile che si lascia scalfire e terrorizzare da lui,  anzi darà al marchese filo da torcere.  Lo sfondo della narrazione non è ben definito,la Heyer ha inteso più focalizzarsi sulle vicende dei due protagonisti che svolgere una ricostruzione storica di quei tempi, infatti è da notare che la storia si svolga in "Inghilterra", successivamente in "Francia, Parigi e Digione", ma di questi posti non viene offerta nessuna descrizione accurata, non si fa neanche il benchè minimo accenno al  "grande terrore" dell'epoca.  Un romanzo  leggero e piacevolissimo, che non delude le aspettative, anzi nel mio caso è stata una vera rivelazione. Leggendo questo libro  mi è venuto in mente "Lydia di Clare Darcy" solo che a differenza del "figlio del diavolo" si rivela essere più moscio, sottile, meno entusiasmante e coinvolgente, del resto non a caso la Heyer risulta essere più nota e altisonante, mentre di Clare Darcy sono stati tradotti ben pochi romanzi, benchè qualcuno la ritenga l'erede di Georgette Heyer, ma io la vedo un'erede ben poco prospera e finita nel dimenticatoio, benchè io abbia apprezzato "Lydia",con un leggero sorriso, non credo che purtroppo possa reggere il confronto con la vivace audacia della Heyer nella narrazione.





mercoledì 21 marzo 2018

Il tempo nom si ferma per i topi di Micheal Hoeye

Questo libro mi ha attirato come una calamita per la copertina, e per qualche recensione positiva, ma mi rendo conto che è stata una vera delusione. Ho voluto cominciare da questo, pur avendo altri duemila libri da leggere, perché è strutturato in maniera molto congeniale per un pendolare, un capitolo consta di tre pagine, così non lasci nulla in sospeso. Ma a parte quello e l'idea carina di trattare la storia dei topi, come se fossero degli esseri umani, per il resto ogni capitolo nonostante fosse solo di tre pagine, si è rivelato pesante da leggere perché non accade assolutamente nulla. Non si capisce neanche a chi sia rivolta questa lettura, se per un adulto o ad un bambino, forse a degli young adults, non saprei davvero dire con certezza a chi intendesse rivolgersi lo scrittore. Il libro si fa interessante verso la parte centrale, no neanche quasi verso la fine, ma la parte saliente  e  avventurosa del protagonista orologiaio viene narrata in modo così frettoloso e superficiale, da far salire i nervi al lettore o almeno a me ha fatto questo effetto. Una storia carina che poteva essere strutturata ed elaborata meglio, tanto stile e bravura nell' uso delle parole mal investito. Poi quando ho letto che se ne vogliamo saper di più dei personaggi e del protagonista dobbiamo mandare una mail al suo indirizzo, ho pensato "Ma anche no!",  e che ha intenzione di scrivere un altro libro su questi personaggi mi è venuto un coccolone, dato che direi che la storia possa essere fine a sé stessa, inoltre anche i personaggi appaiono alquanto insulsi, non sono quel tipo di personaggi alla quale uno si affeziona da voler leggere un seguito. Ma poi neanche una storia d'amore con un lieto fine, non so un libro che non ha senso di esistere per quanto mi riguarda. Noia e soltanto noia.  Non che mi piaccia scrivere recensioni che stronchino così tanto un libro, ma dopo essermi sorbito un 400 e passa di pagine nella speranza che accadesse e si smuovesse qualcosa, e non accade niente, assolutamente niente.  Poi arriva la parte interessante  e avventurosa della storia, che viene elaborata in maniera così sbrigativa e superficiale, e allora mi sento in dovere di lasciare una recensione più che negativa, dopo aver impiegato tempo prezioso che avrei potuto impiegare in una lettura più soddisfacente. Quanta amarezza che mi ha lasciato questo libro!

mercoledì 14 febbraio 2018

Speak le parole non dette

Volevo scrivere da tanto la recensione di questo libro, ma tra i tanti impegni poi non sono mai riuscita. Ci promettiamo sempre di fare delle cose, che poi puntualmente non facciamo, anche cose che ci farebbero star meglio. Questa frase coglie la vera essenza del libro, ci sono tante scomode e fastidiose  verità che quando si hanno 17 anni si vorrebbero gridare, dire, ma non le dici, le trattieni, preferisci che ti uccidano piuttosto che rivelarle agli altri. Leggendo questo libro, ripensavo all' adolescenza e alle sue insidie, questo libro le rivela tutte. C'è sempre quel ragazzo che approfitta dell' inesperienza e innocenza di una ragazza, c'è sempre il bulletto di turno, peccato che non è quasi mai uno, ma una cerchia molto ampia.
Quello che mi ha colpito più di tutto è che nonostante il libro sia drammatico si respiri anche quell' ironia e quel sarcasmo da "giovane Holden" di Salinger, in cui si evidenzia questa forte critica alla scuola americana così giocata sulla competitività e sull'apparenza. 
La protagonista vorrebbe parlare spiegare perché quel giorno alla festa chiamò la polizia, ma la bocca le resta sigillata.
Questo discorso del dire e non voler dire, mi fa pensare a tutte le cose che non sono mai riuscita a dire è che continuo a non riuscire a comunicare sia con il corpo che con la bocca.
Tante, troppe, innumerevoli.
La cosa curiosa è che la gente crede che le persone silenziose non abbiano niente da dire, mentre il problema principale è che ne abbiano troppe, e abbiamo paura di dirle alla persona sbagliata. Questo libro svela anche questa verità. Ovviamente i genitori sono sempre troppo indaffarati o presi da altro per accorgersi dei problemi dei figli. Nessuno si accorge mai di nulla, il dolore è muto, ma perforante e da lettrice mi sono irritata per l' atteggiamento dei genitori totalmente assenti,questo è il l riflesso di una realtà fredda, ceca e cruda. Quando bisogna  davvero esserci, non ci si è mai.

venerdì 9 febbraio 2018

Doll bones di Holly Black

Un libro che lessi un bel po' di tempo fa, nonostante non abbia un ricordo fresco del libro, ho dei frammentari ricordi e ritenevo che fosse un libro degno di ricevere una recensione seppur tardiva e frammentaria.
Sicuramente è uno di quei libri da fiaba gotica, indirizzata ad un pubblico dai 12 anni in poi. Continuo a chiedermi perché quand'ero piccola libri del genere non esistessero, mi dovevo accontentare di quegli orrendi libri della biblioteca della scuola in cui c'era "detective in gonnella"  e altri libri osceni di bambini che si improvvisavano detective o altre letture banali e sciocche. Inutile dire che stavo antipatica alla bibliotecaria, davo l'aria di una bambina che se la tirava, dato che non volevo leggere libri così stupidi.
Chiudendo questa parentesi,  posso dire che un libro del genere sicuramente mi avrebbe entusiasmato tantissimo e magari avrebbe anche entusiasmato chi alla lettura a malapena ci si avvicinava.
Nel retro copertina c'è scritto " un libro perfetto per i giovani lettori: una storia profonda, bizzarra e avvincente, che a volte intenerisce e a volte strazia".
Non posso fare a meno di essere d'accordo con il New York Times.
Certo, io nutrivo aspettative molto più alte, ma molto probabilmente perché non ho 12 anni, sicuramente se lo avessi letto a quell'età lo avrei di gran lunga apprezzato di più.
La storia ruota attorno a Zach e alle sue migliori amiche:Alice e Poppy che giocano spesso al gioco del regno immaginario in cui governa un' enigmatica regina, una bambola di porcellana. Ma un giorno il padre di Zach intima il figlio di crescere e di incominciare ad interessarsi a cose "da grandi". Il mondo di Zach sembra andare in frantumi, fino a che la Regina non compare in sogno a Poppy, rivelandole di essere stata una bambina in carne ed ossa di nome Eleonor, le cui ceneri si trovano all'interno della bambola.  Eleonor non avrà pace finché  non sarà seppellita nella sua tomba, in una lontana cittadina dall'altra parte degli Stati Uniti.
I tre ragazzi partono nel cuore della notte, dormendo sotto le stelle, accampati nei cimiteri, incontrando bizzarri personaggi che parlano alla bambola scambiandola per una bambina vera, in un viaggio che cambierà per sempre le loro esistenze.
Non è solo un libro fantasy, ma è uno di quelle storie psicologiche che tratta del processo di crescita e formazione di questi bambini, che si trovano costretti ad affacciarsi con il mondo adulto.
Bambini che hanno  paura di  crescere, e non vogliono farlo, ma alla fine scoprono che crescere non significa necessariamente abbandonare tutti i loro giochi.  Altre tematiche vincenti sono l' amicizia e l'amore trattate in modo tanto delicato e fanciullesco.
La penna di Holly Black è morbida, tenera, ma anche gotica e cupa, perché non bisogna negare ai bambini che i mostri esistano, ma che esistano dei modi per sconfiggerli. Scorrevole, piacevole e avventuroso quanto basta per la fascia d'età indicata, forse però non per tutti i bambini, forse per quelli più coraggiosi. Va anche detto che la nuova generazione di bambini è abituata a vedere sangue e morti a palate, e questa storia credo sia stata adattata per loro. Storia alla "Neil Gaiman" ma dai toni volutamente più infantili.




domenica 4 febbraio 2018

L'uomo che credeva di essere sé stesso di David Ambrose

Un libro che presi alla biblioteca privata itinerante a Palermo, del caro signor Tramonte. Come anche "Lasciami entrare" e moltissimi altri che recensisco, ma questo libro a differenza degli altri si rivela essere una vera sorpresa. Lo presi attirat
a dal titolo così introspettivo "L'uomo che credeva di essere sé stesso", ma ero certa che non sarebbe stata una lettura semplice: Uno di quei libri dai forti richiami alla fantascienza che mi avrebbe di sicuro annoiato, invece mi sono ricreduta, non è una lettura affatto pesante e spiacevole.
É un libro abbastanza scorrevole e intrigante. La vicenda è incentrata su un  uomo di nome Richard, che a seguito di un incidente con la macchina, si trova stranamente catapultato in una vita diversa dalla propria, nella quale non ha nessun figlio di nome "Charlie".
E da qui, la sua vita si disgrega in due realtà parallele, in due personalità differenti : "Quella di Richard e di Rick" . Un mondo in cui lui e la moglie Anne sono una famiglia felice e affiatata, con un figlio di nome Charlie, e in un altro invece non hanno nessun figlio e sono insoddisfatti, nella quale si scopre che la sua Anne lo tradisce con il suo caro amico avvocato "Harold". Il tradimento della moglie con l'amico è stata la parte più scontata e fastidiosa del romanzo, ma se in un primo momento, mi sono presa del tempo per accettare questa scelta così banale e prevedibile dell' autore, andando avanti ho trovato il senso di questa scelta scialba e frettolosa dell' autore.
Sicuramente, non voleva essere il tradimento il colpo di scena, ma tutto quello che succederà in seguito a causa di esso.
Il romanzo, successivamente, procede sottoforma di giallo e mistero, si scorrono le pagine per capire cosa sia realmente successo a quest'uomo, se è pazzo o se è veritiera l'ipotesi dei mondi paralleli. 
Personalmente, non sono un'esperta di fisica quantistica, magari un fisico leggendo un romanzo del genere, storcerebbe il naso e analizzando altre recensioni in merito, anche gli appassionati di fantascienza potrebbero non ritenersi sufficientemente soddisfatti da un romanzo del genere.
Da persona non esperta di fisica, dico che è stato un romanzo piacevole, un pretesto per  scoprire e capire in maniera semplice ed elementare, la teoria di Hugh Everett sui mondi paralleli.
Inoltre è un romanzo che offre tantissimi spunti di riflessione, specie nella parte centrale del romanzo, mette in dubbio molte delle nostre certezze, facendoci riflettere sul fatto che il nostro "io" è determinato da eventi, azioni e scelte.
Chissà forse in un mondo parallelo "sono ricca" o "laureata", e conduco una vita migliore o "faccio la barbona", è stato un po' quello che mi sono divertita ad immaginare, tante diverse sfaccettature di me stessa, in tanti mondi paralleli.
Ritengo per questa ragione, che sia un libro che valga la pena leggere una volta nella vita, è un libro che non dà risposte, ma che offre tanti punti interrogativi e spunti di riflessione.
Certamente la parte finale, mi è parsa parecchio confusionaria e dispersiva, e a tratti deludente, però in compenso ritengo che un libro del genere non potesse essere terminato in altro modo.
Forse non potrà competere con "Philip K Dick" il maestro per eccellenza della fantascienza psicologica, come hanno sostenuto molti, ma secondo me, merita di essere letto e preso in considerazione almeno una volta nella vita.

domenica 21 gennaio 2018

Leggere "il cappotto" e "il naso" di Gogol

Da uno scrittore russo, mi aspettavo di più, mi tocca ammettere!  Ma dopotutto si sa che nei racconti, le narrazioni sono necessariamente esemplificative per via della brevità che lì caratterizza. Continuo a pensare, che del resto scrivere un racconto sia persino più difficile di scrivere un intero romanzo, perché bisogna saper trovare le parole giuste e  adeguate per non tralasciare nulla. Riconosco che Gogol, non delude per quanto i racconti mi lascino quasi spesso insoddisfatta, perché io amo perdermi  nei dettagli. Mi piacciono le storie in cui i personaggi sono ampiamente descritti a livello psicologico, da riuscire a immedesimarmi in loro, e che siano così ben costruiti ad hoc da sembrare veri, quasi come se potessero uscire fuori dal libro.  Nel cappotto, il protagonista è un personaggio penoso, da compatire, che infastidisce il lettore per il suo modo di vivere così insulso e banale. Ma in fondo, riflette un aspetto realistico, quello di diventare così piacevolmente schiavi del lavoro, da non sviluppare nessun altro tipo di attitudine. Inoltre, un altro aspetto su cui riflettevo era il suo accontentarsi, non aspirava a nulla, nessun obbiettivo da raggiungere, nessuna aspirazione e aspettativa futura.
Ma a causa del freddo pietroburghese, si trova a costretto a buttare il suo cappotto rattoppato, definito in senso dispregiativo  "vestaglia".
È  costretto a comprarsi un cappotto nuovo,ma non ne ha le possibilità economiche, i cappotti costano troppo.
E da qui che inizia a diventare grottesco e inverosimile,  dato che il cappotto nuovo, diventa la sua ossessione. Probabilmente l'unico obbiettivo che si sia mai predisposto a realizzare in tutta la sua vita.
In fin dei conti mi è piaciuto molto, mi ha dato tanti spunti di riflessione, nonostante prediliga i romanzi ai racconti.
Riguardo "il naso",come racconto, mi ha convinto molto meno, mi è sembrato più che grottesco,  nonsense, dato che il naso sparisce e ricompare  dalla faccia del protagonista,senza una spiegazione plausibile.

sabato 13 gennaio 2018

Momo di Micheal Ende

Questo scrittore tedesco è noto per l'altisonante titolo "La storia infinita", che a me non ha mai detto niente, preferisco di gran lunga la meno celebrata storia di "Momo", secondo me più carica di significato.
Momo  viene presentata a prima vista come la solita storia di una bambina orfanella, che riesce a farsi tanti amici, che è buona ed ascolta sempre tutti, ma  nel corso del romanzo accade qualcosa di molto interessante, arrivano dei signori grigi in giacca e cravatta che rubano il tempo alle persone.
Improvvisamente, tutti sono ossessionati dall'idea di andare alla banca di risparmio del tempo, tutti che cercano ad ogni costo di risparmiare il loro tempo, e cercano di fare tutto con il minor dispendio di tempo, ma a risentirne è la qualità del lavoro svolto, e la gente non trova più il tempo per rilassarsi e svagarsi, sono sempre tutti di corsa.
Si crea un mondo grigio e morto,  che va di corsa, e le persone si comportano come delle macchine che non trovano neanche il tempo per provare sentimenti, dato che anche quello viene ritenuto uno spreco di tempo.
Un libro che  banalmente viene ritenuto per bambini, ma che non lo è.
Aiuta certamente a capire il mondo dei bambini, poichè sono proprio i bambini gli unici a non sottomettersi al volere dei signori grigi, dato che i bambini non si curano del tempo, i bambini fanno tutto calma, e sono quindi i bambini padroni indiscussi del tempo.
Ma allo stesso tempo questo libro, oltre a vederlo sotto un aspetto per così dire pedagogico, secondo me è lungimirante e premonitore di una realtà odierna, nella quale purtroppo conta l'efficienza, la velocità, la dinamicità, rispetto alla qualità effettiva di quel che si fa.
Anche i bambini alle primarie spesso studiano un minestrone di cose, e devono subito riuscire a leggere testi lunghissimi, e fare i calcoli senza usar le dita, perchè devono riuscire a far tutto nel minor tempo possibile, se è possibile non devono neanche pensare al numero nella sua concretezza, devono fare tutto a mente come delle macchine, perchè così fanno il prima possibile, ma  alla fine quei numeri restano dei concetti così astratti e sfuggenti, da non riuscire a calcolarli.
E poi ci sorprendiamo, del fatto che tanti bambini non riescano a star al passo, e che ultimamente la percentuale di bambini con disturbi di apprendimento si è notevolmente alzata?!
L'ansia e la frustrazione di questi bambini, alla quale viene richiesto di accorciare i tempi, di seguire le lancette dell'orologio,  riducendo l'apprendimento un concentrato di nozioni buttate così a caso, e rendendo la scoperta del mondo qualcosa di dato per scontato, in un'età in cui non dovrebbe esserlo.
Riflessioni a parte, che faccio anche un po' in base al vissuto nelle scuole italiane, in cui sto notando questi aspetti negativi. Il libro in un modo o nell'altro ci fa riflettere sull'importanza del tempo, e di quanto spesso questo tempo ci venga ingiustamente sottratto, e non ne siamo pienamente padroni come vorremmo, come lo sono i bambini o meglio come dovrebbero esserlo, dato che si tende a voler forzare persino i bambini a farli rientrare in questo sistema distorto e malato. Bambini che non vogliono perder tempo a giocare o a fare i laboratori, perchè è più importante riuscire a finire i compiti nel più breve tempo possibile. Nel libro di Ende, questo non succede i bambini non si sottomettono, ma nella realtà  ahimè i signori grigi spesso vincono, a discapito di tutto.










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