Ma, passiamo al contenuto del libro in sé: Ho dei seri problemi con questo autore, in un primo momento quando inizio un suo libro mi entusiasma molto l' incipit, apre con delle premesse interessanti , ma poi vengono irrimediabilmente deluse.
Non è come "giro di vite", ma quasi.
Sulle prime pagine mi aveva colpito la brevità dei capitoli, la narrazione diretta e senza fronzoli. Henry James ti butta dentro le vicende, senza troppe descrizioni, predilige più un analisi psicologica e l' interazione dei personaggi. In molti punti ricorda quasi un testo teatrale. Non è una storia d'amore come potrebbe apparentemente sembrare. All' inizio sembrava il preludio di Jane Austen in "persuasione", ma qui non c'è quel tipo di sentimentalismo, è più una storia giocata sul rapporto tra padre e figlia. Credo che in questa storia si parlasse tanto più dell' incomprensione che un padre può avere della propria figlia e di come questo porti alla disubbidienza. Mi ha toccato molto su quei punti perché mi ha ricordato tante situazioni personali, insomma, chi ha avuto un padre dal pugno duro potrebbe ritrovarsi e riverdersi in quelle pagine e non necessariamente per il fidanzato che tuo padre non condivideva, ma per l' università e milioni di altre scelte di vita.
I padri che pensano di fare del bene ai propri figli e invece fanno tutta altro. Ma, quello che probabilmente doleva più a Caterina era il modo in cui il padre la trattasse e percepisse. La ribellione e il buttarsi a capofitto in una relazione con un uomo avido e furbo nasceva da una ricerca disperata di attenzioni e di essere vista dal proprio padre come intelligente, bella, caparbia e forte. Voleva dimostrare al padre di non essere poi così scialba e insignificante come lui la ritenesse. Su questi punti il libro mi è piaciuto, ma poi si perde... Non si lascia spazio ad un po' di suspence, la narrazione diventa monotona e piatta, si scopre quasi subito che l' innamorato sia un opportunista solamente interessato alla rendita di Caterina, e quindi non si trova un motivo valido per continuare la lettura. Lo so, i libri classici non devono necessariamente lasciare suspence, ma questo modo di scrivere di Henry James non so come dire, non mi lascia niente a lungo andare è tutto così statico, monotono e piatto. Per quanto sia una lettura fluida, leggera e spensierata e per certi versi ci si sorprende quasi a ritenerlo un classico, perché è scritto in modo molto semplice e scorrevole con capitoli molto incisivi, però appunto come in "Giro di vite" sono arrivata ad un punto in cui mi dicevo mentalmente: "E quindi?". Sarà un mio limite non lo so, ma per quanto sia una lettura carina, godibile e piacevole soprattutto in estate, non è uno di quei libri classici che mi hanno lasciato il segno. Per quanto "Jude l' oscuro" di Thomas Hardy mi avesse mentalmente devastato, devo dire che l' ho di gran lunga preferito, come stile di scrittura. Hardy lascia il segno anche in negativo per carità, ma lo lascia, dopo aver letto "Tess d'urberville" e "Jude l' oscuro" mi sono sentita appagata dalla lettura perché sono romanzi ricchi di introspezione, significato, per carità anche pregni di una visione arida, nichilista e pessimista dell' esistenza, insomma tutto quello che volete, però è una lettura difficile e pesante, ma è fonte di arricchimento.
Mentre,Henry James almeno in queste mie letture non mi ha comunicato nulla di particolare, un po' vago e vuoto. Non so magari, non ho letto il libro giusto, dovrei forse leggere "ritratto di signora" uno dei suoi romanzi più famosi e corposi, ma inizio seriamente ad aborrire l' idea di leggerlo, cioè se già per me risulta fiacco in delle letture brevi, be' iniziò a temere di andarmi ad impellagare in un romanzo suo più lungo che potrebbe non piacermi o entusiasmarmi nella stessa misura in cui hanno fatto altri romanzi di altri scrittori. No, meglio darci un taglio e metterlo in pausa, riproverò con " ritratto di signora" ma in un altro momento, voglio disintossicarmi e dimenticare questo mio forte rigetto "Henryjamesiniano".