martedì 27 aprile 2021

Destino di donna di Margit Kaffka

 "Destino di donna" di Margit Kaffka, di cui il nome originale sarebbe "Gli anni di Maria", è un romanzo ungherese di inizio 900' sconosciuto ai più. I traduttori o le case editrici per renderlo più appetibile hanno preferito dare un titolo più evocativo sulle tematiche psicologiche e riflessive di questo romanzo di inizio 900' con il titolo "Destino di donna". In effetti, Margit richiama spesso a questa parola "destino", come se la vita di una donna sia dettata da delle ferree regole e convenzioni sociali a cui è destinata e non ci possono essere variazioni di alcun genere. In questo romanzo a metà tra il diario, l'epistolare e la narrazione vera e propria riusciamo ad entrare piano piano nella vita di Maria, è interessante questa scelta stilistica mischiata che può in un primo momento apparire insensata e casuale, ma in realtà appare studiata ad hoc, per entrare lentamente, in punta di piedi nella vita della protagonista, prima la vediamo da fuori attraverso gli occhi delle sue compagne di collegio, e poi più avanti la vedremo nella sua interiorità, scorgeremo tutti i suoi pensieri più segreti, per poi tornare ad allontanarci da lei e ad osservarla con distacco, guardandole con gli occhi superficiali della società a cui è rilegata.

Maria ha 27 anni, è un'insegnante che non si è ancora sposata e questo innesca critiche e disapprovazione dalla società, e per quanto la protagonista cerchi di opporsi a questa visione ristretta, alla fine viene imprigionata mentalmente dal pensiero comune che la spinge a vivere la propria esistenza  con riluttanza e malessere, prendendo decisioni errate solo per accontentare gli altri.I

In Margit si respira emancipazione femminile, risulta un romanzo molto avanti rispetto all'epoca in cui è stato scritto, si parla di desideri sessuali effimeri femminili, narrati perfettamente da una donna, senza però giustificarla e santificarla, anzi se vogliamo Maria ci appare quasi odiosa e anti-eroina, almeno così mi è parso e si compatisce quasi la figura del professore intenzionato a sposarla e a perdonare "certe sue finte scappatelle" prima del matrimonio. Eppure, allo stesso tempo, compatiamo e comprendiamo Maria e questa sua insofferenza per i luoghi comuni, questa imposizione del doversi conformare necessariamente a quello che la società impone. Per quanto sia un libro di inizio 900' ahimè, appare ancora attuale, esiste ancora un'idea radicata per cui ad una certa età dovresti sposarti e figliare, fortunatamente non più così forte e potente come a quei tempi. Un libro che consiglio di leggere per chiunque voglia avvicinarsi a tematiche sull'emancipazione femminile, dato che offre una visione accurata sul ruolo della donna agli inizi del 900', raccogliendo i pensieri e le confessioni intime di una donna controcorrente e con delle idee moderne che mette in discussione la società, ma alla fine si ritrova a condannare sé stessa per il suo anticonformismo.







 

martedì 20 aprile 2021

Alice nel paese delle meraviglie e attraverso lo specchio di Lewis Carroll

Alice nel paese delle meraviglie è diventato un personaggio nell' immaginario collettivo così iconico, eppure così divergente da quello che Lewis Carroll scrisse nel suo racconto. Alice, oh tutti la immaginiamo con un vestito azzurro e bionda, come la Walt Disney ci ha fatto credere che fosse, ma Lewis Carroll non dà una descrizione così accurata e precisa di Alice. I personaggi che poi predominano la scena sono il cappellaio matto, il bianconiglio e lo stregatto, eppure nel romanzo sono personaggi marginali tanto quanto tutti gli altri, la vera protagonista resta sempre Alice perché è tutto realizzato dalla sua fantasia. Quello di Alice è il viaggio fantasioso, assurdo e psichedelico di una bambina dove nulla è comprensibile e si connota il no-sense di tutto. Eppure, è un libro che affascina per questa sua precisa illogicità, da cui traiamo tanti spunti di riflessione e spensieratezza. Ogni cosa se analizzata con accortezza diventa una metafora stessa della crescita e della vita. Alice fatica a comprendere il mondo degli adulti e gli adulti stessi a comprendere lei, del resto ogni cosa della vita appare priva di logica e di senso, siamo noi stessi a darglielo. È un libro folle e allo stesso tempo geniale nella sua assurdità evocativa. Tuttavia, mi aspettavo qualcosa di più,  pensavo che esistesse veramente quella citazione del bianconiglio sull'amare sé stessi :Ma tu mi ami?» chiese Alice. «No, non ti amo.» rispose il Bianconiglio.Alice corrugò la fronte e iniziò a sfregarsi nervosamente le mani, come faceva sempre quando si sentiva ferita.«Ecco, vedi? – disse il Bianconiglio – Ora ti starai chiedendo quale sia la tua colpa, perché non riesci a volerti almeno un po’ di bene, cosa ti renda così imperfetta, frammentata. Proprio per questo non posso amarti. Perché ci saranno dei giorni nei quali sarò stanco, adirato, con la testa tra le nuvole e ti ferirò. Ogni giorno accade di calpestare i sentimenti per noia, sbadataggine, incomprensione. Ma se non ti ami almeno un po’, se non crei una corazza di pura gioia intorno al tuo cuore, i miei deboli dardi si faranno letali e ti distruggeranno.La prima volta che ti ho incontrata ho fatto un patto con me stesso: mi sarei impedito di amarti fino a che non avessi imparato tu per prima a sentirti preziosa per te stessa. Perciò, Alice no, non ti amo. Non posso farlo.».

Ebbene, questa frase come molte altre citazioni su Alice nel paese delle meraviglie sono delle mere speculazioni non esistono veramente nel romanzo, ed è stato veramente deludente scoprirlo, probabilmente si coglie questo significato nascosto nel romanzo di Carroll sull'importanza di amare se stessi con le proprie strenezze e debolezze, ma non esiste un discorso del genere così esplicito al riguardo. Tuttavia, è stata una lettura piacevole e spensierata, è un libro che mette di buon umore e che induce anche gli adulti stessi a mettersi in discussione.

venerdì 16 aprile 2021

Tess D'Urbeville di Thomas Hardy

E' il primo libro che leggo di Thomas Hardy e devo dire che è stata una piacevole scoperta. Ho un edizione particolarmente vecchia, e non credevo che la traduzione potesse essere così ben fatta. In Hardy si respira malinconia e nostalgia, in tutta la scrittura rimanda ai luoghi campestri e paesaggistici a lui tanto cari dell'Inghilterra. Tuttavia,  le sue descrizioni non sono pompose e non restano confinate a mere descrizioni paesaggistiche, ma legano strettamente il personaggio al suo rapporto con la natura. I differenti paesaggi rappresentano tutte le tragedie di Tess d'Urbenville e le sue relative emozioni. Persino, gli oggetti vengono animati da Hardy connotandogli emozioni e sentimenti. Ogni cosa che circonda i personaggi viene adoperata per indagare sulla loro introspezione. E' una scrittura insolita quella di Hardy, ogni parola e descrizione andrebbe riletta e analizzata adeguatamente, perchè se in apparenza le descrizioni si riferiscono ad ambienti, poi in un secondo momento vediamo che non è così, sta parlando di ben altro, sta scavando nell'anima dei personaggi. 

La durezza rocciosa del paesino in cui è cresciuta Tess, riflette la durezza stessa della sua stessa vita. Ho letto recensioni parecchio superficiali su questo libro, che hanno attribuito a Tess la fama di anti-eroina di personaggio senza spina dorsale. Allora, qui c'è un errore di anacronismo, perchè il lettore medio che legge un libro classico a cui non è abituato, fa fatica ad entrare nell'epoca in cui la storia è stata scritta, nell'ambiente e nella situazione in cui Tess D'Urberville vive. Proprio per questo credo che i libri classici siano uno strumento ottimale per sviluppare empatia, ovviamente chi riesce a lasciarsi veramente trascinare e che un minimo l'abbia già nutrita e sperimentata un po' nella propria vita. Bisogna mettersi nei panni del personaggio di Tess D'Urberville, una ragazzina poco acculturata di un paesino piccolo e inglese, in una famiglia che vive in condizioni di povertà che non sapeva veramente nulla del mondo e che cade vittima di una violenza indesiderata. Va anche considerato il periodo in cui è stato scritto e l' epoca entro cui i personaggi si muovono. Mi pare che Hardy renda piuttosto partecipe il lettore, ribadendo le credenze popolari e le superstizioni di Tess di cui è stata nutrita da bambina e le idee maschiliste dietro cui lei è la colpevole stessa della violenza subita. Tess non è un personaggio debole, anzi, per quell'epoca risulta forte e determinata, quante volte si rifiuta di sposare il suo violentatore? E la madre che gli diceva di farlo. Riesce ad andare contro delle convenzioni sbagliate, ma che a quei tempi esistevano e venivano quasi imposte come risoluzione alla perdita di purezza di una donna. L'unica pecca di Tess è stata l'esitazione, il non dire e il tacere fino ad arrivare al matrimonio con Angel, a mio parere una debolezza di cuore, ma per quei tempi e vista la reazione successiva del futuro marito appare anche giustificata. Angel forse è il personaggio più stolto e stupido, insomma, molte tragedie si potevano benissimo evitare se lui fosse andato oltre la credenza di peccato da riversare contro Tess, poi non si era opposto alle credenze religiose, non era lo stesso ad essersi rifiutato a studiare teologia? E invece, appare conservatore e bigotto peggio dei genitori che tanto critica. Lui stesso che aveva ammesso a Tess di essere stato parecchie volte a letto con una donna sconosciuta per puro e semplice piacere, e questa comporta un'azione desiderata e voluta, mentre quella di Tess non la si può neanche considerare un azione, ma un subire una violenza. L'amore di Tess per Angel è forte, puro, innocente e genuino, mentre quello di Angel è un amore verso più una donna idealista, che poi si accorge che non è così casta e perfetta come dovrebbe apparire ai suoi occhi. Aldilà dei ripensamenti e di quanto altro, e di come inizialmente la loro storia d'amore sia stata narrata in modo così travolgente e appassionante, si denota  più avanti che l'amore di Angel non era così forte e ben saldo, ma un modo di amare capriccioso e sciocco. Assurdo, da dirsi ma Alec D'Urberville dimostra di amare Tess molto più di Angel, mettendo in atto una contraddizione insolita di bene e male. Sicuramente, Alec nutre una forte ossessione amorosa per Tess molto malata, ma si preoccupa molto di più del benessere di Tess, rispetto ad Angel che se ne frega bellamente, fino a che non inizia ad avere delle cedevolezze di salute. Angel appare chiuso mentalmente e freddo per essere un uomo profondamente innamorato, da come millantava di essere. I sentimenti di Angel sono volubili nel suo sonnambulismo mentale. E la cosa paradossale, che fa quasi ridere e divertire il lettore che la perdona quando finisce questa volta di sua volontà con Alec D'urberville, allora li capisce e intuisce la sua ottusagine e la perdona. Cioè quando non era caduta in errore, non la perdonavi e quando cade in errore si?! Quasi Pirandelliana questa cosa, ricorda vagamente "l'esclusa". Alla fine, la donna diventa "veramente perduta", dato che l'uomo la riconosce erroneamente come tale. Comunque, la parte che ho apprezzato di più è stata la scena del duro lavoro nei campi sotto l'avversità della pioggia è tra le scene che più ho amato del libro, come anche il finale molto suggestivo a Stonehenge. Il modo in cui Hardy descrive Stonehenge, a mio parere è straordinario e la narrazione sulla breve riconciliazione dei due amanti  che sembrano fluttuare in una dimensione di realtà e sogno tra le pietre e il sole riflesso su di esse.In fondo, Hardy preannuncia la tragedia al lettore prima che avvenga nel momento stesso in cui Tess si sdraia sull'altare in cui venivano consumati i sacrifici per il dio Sole. I due amanti si scambiano reciproche chiacchiere su quell'argomento e questo lascia intuire già al lettore che il finale non sarà dei più allegri, ma uno dei più struggenti e tragici. In alcuni punti, mi ha ricordato vagamente Tolstoj in" Anna Karenina" questo continuo richiamo alla vita contadina, solo che Tolstoj la idealizza come un modo di vivere felice, di vita semplice alla larga dalla società e dalle convenzioni, mentre invece Hardy ci dà una visione più arida e crudele della vita dei campi. Ci rende partecipe della durezza del lavoro contadino, di quanto sia pesante e difficile, sotto la pioggia lavorare senza sosta. La natura diventa crudele scenario della vita stessa della protagonista, che vorrebbe espiare il suo peccato massacrandosi di lavoro, ma al suo peccato non c'è alcuna risoluzione, poichè non ve ne è stato. Il peccato esiste nella mente ristretta di Angel, Tess e nella società, ma non nella natura estranea all'esistenza del peccato.

domenica 11 aprile 2021

Diario di seduttore di Soren Kierkegaard

Ho amato questo libro, nonostante di per sé sia un libro che non racconti moltissimo. È un libro evocativo, estetico, a tratti psicologico ed esistenzialista. Racconta del ritrovamento di un diario e di alcune lettere del giovane seduttore Johannes di cui leggeremo pagina per pagina. Si afferma che sia anche un libro un po' autobiografico e che la storia di seduzione mentale portata a compimento da Johannes si faccia corrispondere con quella di Soren Kierkegaard con Regine Olsen nella realtà. Ma difficile, districarsi tra realtà e fantasia in questa storia. Solitamente, odio i libri di subdoli seduttori, quanto ho detestato "Bel ami"di Maupassant per quanto il finale soddisfi in qualche modo il sadismo del lettore, non è mai stato abbastanza per me, sarà che ho trovato il protagonista piuttosto odioso, privo di quel carisma che dovrebbe spiegare le sue capacità di sedurre e piacere ad una donna. In fondo, da seduttore abile a viscido farfallone il confine è labile.
 Anche, in "relazioni pericolose" di Delaclois il conte Valmont è un vile seduttore, ma finisce lui stesso per cadere preda della seduzione, si innamora della donna che intende sedurre, poi la trama prende una piega piuttosto drammatica, per cui si suscita biasimo e compassione per il personaggio. Mentre, qui nel "diario del seduttore" non c'è una storia in sé, si racconta dei mezzi e dei desideri del seduttore, spiegando anche la sua spinta verso questo suo desiderio di insinuarsi e invadere la mente di questa innocente ragazza, Cordelia. Eppure, non appare come un farfallone scellerato e abietto, c'è della poesia ed esistenzialismo pregnante in questo seduttore. Sono rimasta sedotta io stessa dalle idee, pensieri, capricci e desideri del seduttore. Si insinua nella mente del lettore, non seduce solo Cordelia e le altre ragazze incontrate, ma anche il lettore resta affascinato dal suo estetismo. Un estetismo intellettuale comunque ben soppesato usato sapientemente per insinuare l' erotico a differenza di quello d'annunziano che sfocia in un ego spropositato di sé stesso e in pregnante maschilismo. Odio D' Annunzio si è per caso capito?! Comunque, anche in questo libro si parla di "sesso debole", ma spesso nello stesso momento in cui Kierkegaard prende questa linea si smentisce in parole e frasi successive esaltando il valore estetico della donna e la sua bellezza. Ovviamente va preso con le pinze, considerando che è un classico, un libro scritto in un periodo in cui veramente la donna era  
considerata al di sotto dell'uomo, quindi, appare anche innovativo e moderno per i tempi in cui è stato scritto. Naturalmente, adesso, certe linee di pensiero e idee sulla donna sono da considerarsi sorpassate. Johannes segue delle tattiche, si impone delle regole morali nella sua seduzione, lui non mira alla materialità dell' atto sessuale ad ottenere solo e soltanto quello o almeno non con Cordelia. A Cordelia riserva una seduzione sopraffina, estetica e poetica non si può negare che ne sia persino innamorato, ma purtroppo ama da seduttore. Si potrebbe dire che non è neanche Cordelia che ama, ma l'atto stesso del corteggiamento, la preparazione scrupolosa e dettagliata che mette in scena in cui tutto deve essere meraviglioso, indimenticabile e prendere la dimensione quasi di sogno. Desidera essere idealizzato, apparire come uno struggente e dolce sogno agli occhi di Cordelia. Adora la frenesia e l' ansia della conquista, ma non di per sé la conquista, perché non appena la possiede interamente, un istante dopo perde tutto il suo interesse, come se Cordelia perdesse tutta la sua magia nello svelarsi e nell' abbandono completo verso di lui. Johannes ama l' innocenza e ingenuità femminile e quando sfiorisce per mano sua, finisce per provare inevitabilmente disinteresse per la donna tanto decantata e desiderata.
Inoltre, devo dire che questa edizione Demetra e passepartout mi è piaciuta molto, è ben curata, contiene una bella prefazione che introduce alla lettura soffermandosi su dieci parole chiave sull'estetismo Kierkegaardiano. Susanna Mati non ci tedia con la storia della vita di Kierkegaard e non si sofferma su particolari che potrebbero annoiare il lettore, ma spiega la sua prosa estetica sintetizzandola sapientemente in dieci capisaldi di Kierkegaard. Ho amato tanto l' introduzione di Susanna Mati quasi tanto quanto il libro e difficilmente apprezzo le prefazioni dei libri, spesso non le leggo e me le lascio per ultimo solo se voglio saperne di più del libro. Sulla traduzione posso dire ben poco non conoscendo il danese, però mi sembra che si preservi  quell'idea di bellezza, passione, poesia ed estetismo.

giovedì 8 aprile 2021

Jules e Jim di Henri-Pierre Roche

Mammamia che fatica è stata terminare questo libro! Non mi è piaciuto, l' ho odiato. E dire che sulle prime pagine la storia sembrava interessante, ma, i protagonisti Jules e Jim appaiono poco interessanti privi di caratterizzazione da confondersi l' uno con l' altro, una cosa voluta dall' autore?! Boh, so solo che a lungo andare questa cosa mi sviliva. E Tutte le donne che si susseguono prima di Kate, ne vogliamo parlare?! Kate in fondo è la donna che entrambi si meritavano stronza, bugiarda e ninfomane riempie e scandisce la vuotezza, il completo stato di noia, vacuità e insoddisfazione di questi due fantocci con le sue isterie, follie e tradimenti. Kate forse è anche peggio dei protagonisti maschili, questa suo voler essere  estrema, ribelle e femminista risalta invece solo una natura abietta, malvagia e malata. Questo libro è un inno al siamo così bohémien ci piace vivere male, siamo ribelli, annoiati e trasciniamo la nostra vita in una corrente di promiscuità e sbagli credendo che ci possano portare qualcosa di buono?! Alla felicità? Alla soddisfazione personale? Per riempire la noia che avvolge tutto il romanzo i protagonisti fanno cose, viaggiano, si ingannano e tradiscono di continuo e lo schema è sempre lo stesso per tutto il romanzo. Non ha niente a che vedere con la rappresentazione cinematografica di Truffaut dando una rivisitazione del romanzo persino più bella e coinvolgente. I personaggi e la narrazione di Truffaut dà più spessore alla storia, a differenza del romanzo che si perde nella vaghezza dell' inettitudine e irrequietezza di questi personaggi. Il finale tragico è quasi prevedibile e soddisfa il sadismo del lettore travolto dalla noia e il disprezzo per questi personaggi assolutamente inutili e insensati. Non commuove neanche, lascia solo un senso di vuoto è una freddezza abissale per come i personaggi hanno condotto la propria esperienza di vita. Adesso, per me appare plausibile la dimenticanza di questo libro e la sua mancata ristampa, è un libro di cui si può fare volentieri a meno. Piuttosto posso consigliarvi il film di Truffaut mille volte meglio e in questo caso il suo punto di forza è proprio quello di non essere per nulla fedele al romanzo di Henri-Pierre Roche.

mercoledì 7 aprile 2021

Rosemary's baby di Ira Levin


Sulle prime pagine non mi ha entusiasmato moltissimo, magari, anche per gli impegni lavorativi e la stanchezza, unendosi al fatto che, spesso, il più delle volte, l'inizio di un libro non mi piace quasi mai. 
Difficilmente un libro mi attrae fin dalle prime pagine.

Comunque, mi aspettavo qualcosa di più, ha vinto o no un premio chiamato "Edgar Allan Poe" questo libro?!Eppure non c'è traccia di quello stile cupo di Edgar Allan Poe. 

C'è una sequenza di eventi agghiaccianti che potevano essere resi più cruenti e dargli uno spessore più inquietante, ma Ira Levin non è uno scrittore descrittivo, tutta al più si focalizza sulla psicologia di Rosemary e del marito. 

Questo libro se viene letto come horror appare piuttosto deludente e piatto, non c'è dell'intrattenimento con scene sanguinose e di grande terrore. 

Se invece, volete dargli una chiave interpretativa differente, appare grottesco e si rabbrividisce per l'introspezione dei personaggi. La domanda vera che, per tutto il libro mi ha colto impreparata è stato quel dubbio fastidioso per la testa: Ma c'è davvero la congrega di satanismo e il marito è un disgustoso  patriarca approfittatore, oppure è tutto dentro la mente di Rosemary?

Cos'è più spaventoso del libro? il bambino indemoniato nato da satana o il marito di Rosemary? Il ritratto di quel finto marito amorevole e docile, ma che in realtà detiene il controllo da sempre di Rosemary e per la sua ambizione manipola la moglie a suo piacimento? Poi, il finale lascia un senso di mistero insoluto, per quanto possa apparire vera quella realtà di satanismo il dubbio che sia tutta un'immaginazione di Rosemary resta al lettore, perché la scrittura di Ira Levin offre una verità non del tutto assoluta, ma labile e duplice, quindi nella conclusione del romanzo, si resta sempre con quella sensazione di incertezza. Poi, se ci riflettiamo in profondità, Rosemary voleva diventare madre a tutti i costi come si evince per tutta la lettura del romanzo, e in fondo lei come il marito appare un personaggio spregevole e vile pronta a tutto pur di diventare madre, e si contenta persino di crescere il figlio di "satana" lo accetta come " giusto" compromesso e sacrificio pur di ottenere ciò che più desidera. Il bambino non a caso non è cattivo o maligno, ma, imbronciato, vittima dei desideri e ambizioni scellerate di tutti i personaggi, di cui la stessa Rosemary decide di diventarne parte attiva. O un'altra chiave di lettura, forse più moderna è quella di un paradosso Rosemary voleva veramente diventare madre? O era solo imprigionata nelle convenzioni stesse di dover diventare madre a tutti i costi? Per sentirsi viva e donna? Togliendogli l'elemento fantastico dell'amuleto, potremo pensare che è tutto un processo, che è Rosemary stessa il mostro di sé stessa, intrappolata nelle sue convinzioni sociali dell' essere madre e poi si accorge di colpo che non dovrebbe essere così, ma poi nuovamente ricade nelle sue credenze e si lascia soggiogare da esse. 

Oppure, se fosse, dunque, Rosemary la vera cattiva? Sotto le mentite spoglie di un personaggio remissivo e devoto al marito, c'è un personaggio che in realtà porta a termine e realizza i suoi desideri a tutti i costi, mascherando il tutto sotto quella sua finta e apparente sottomissione sessuale.


Post in evidenza

La signora delle camelie di Alexandre Dumas fils

Questo libro volevo leggerlo da tantissimo tempo, e stranamente l'ho trovato meno pesante di quello che credessi, in tre giorni l'h...