giovedì 28 settembre 2017

Moll Flanders di Daniel Defoe

Quand'ero piccola vidi il film, ma è proprio il caso di dire che il film non centra assolutamente niente con il libro, non ha proprio niente a che spartire con il romanzo.
Il film si propone come la solita storia romantica tra una prostituta e un pittore che si limita a volerla rappresentare. Non so davvero da dove sia saltata fuori questa storia,  tanto valeva allora cambiare nome, dato che quella del romanzo è proprio tutta un'altra storia.
Credo sia proprio il caso di dire, che sia la trasposizione cinematografica meno fedele che possa esistere di un romanzo.
E non che il film faccia schifo, anzi tutt'altro, è molto bello, ma è un'altra storia, insomma tanto valeva proporla come storia originale, l'avrei apprezzato maggiormente.
Quindi ovviamente, quando ho iniziato il romanzo sono rimasta incredula ritrovandomi tutta un'altra storia.
Sapevo che la storia presentava molte differenze, mi era stato accennato, ma non potevo davvero credere che fosse proprio un'altra storia.
Non c'è nulla di quella poesia romantica che si respira nel film, anzi tutt'altro, è un romanzo crudo, che scruta affondo nell'animo umano.
Il romanzo si presenta come una biografia, anche se ovviamente non lo è per davvero, eppure viene fatto un ritratto così minuzioso e preciso della vita di "Moll Flanders" da sembrarci vera, in carne ed ossa, come se fosse esistita veramente.
"Moll Flanders" non è un personaggio positivo nè tanto meno negativo, lei racchiude tutto il male e il bene nella stessa persona.
Defoe narra la miseria e tutte le sue conseguenze, di quanto essa influisca nelle azioni umane.
Dopotutto i peccati di Moll Flanders, sono tutti dettati dalla disperata povertà, nella quale non c'è posto per l'amore e i buoni sentimenti, se si vuole sopravvivere.
Moll Flanders quindi è una povera e scellerata disgraziata, eppure allo stesso tempo viene dipinta come una donna forte, determinata, che riesce sempre a spuntarla, nonostante il destino avverso.
Credo che alla fine, sia stato un romanzo davvero innovativo  per l'epoca in cui è stato scritto, sopratutto perchè è una donna nata dalla penna di un uomo.
Appare sorprendente la bravura di "Defoe" nella rappresentazione così realista di una donna a quell'epoca,  senza renderla artificiosamente troppo buona o cattiva, ma semplicemente umana.
Inoltre si deduce anche una forte idea di emancipazione femminile in questo romanzo,dato che appunto Moll Flanders nonostante la sua travagliata vita di sfortune, riesce con la sua tenacia e ingegno a crearsi da sola la sua fortuna e a condividerla con il marito, che senza di lei, di sicuro non l'avrebbe spuntata. Altra peculiarità è la voglia e la capacità di narrare di Defoe, non c'è nulla del romanzo che sia superfluo, è tutto un groviglio di vicende che ci aiutano a capire e a delineare al meglio il personaggio di Moll Flanders. Inoltre un'altra cosa tanto apprezzata, è che non ci sia nessuna lungaggine descrittiva,dato che appare evidente  che lo scopo del romanzo sia più incentrato su un analisi psicologica del personaggio. E devo ammettere, che purtroppo al giorno d'oggi ben pochi scrittori contemporanei riescono a ritrarre un ritratto così dettagliato e psicologico come Defoe con la sua "Moll Flanders". Forse perchè  di "Moll Flanders" in fondo ne saranno esistite tante nel 700', ragazze con delle storie verosimili a quelle della protagonista,  quindi non fa altro che ritrarre uno spaccato di realtà, raccogliendo una serie d sfortunati eventi che a quell'epoca  ad una donna potevano tutti capitare. Nel romanzo si respira anche tanto il macchiavelico pensiero del principe "Il fine giustifica i mezzi", è come se l'intero romanzo sia intessuto apposta da questa idea. Ovviamente appare evidente anche l'ideale borghese, che siamo noi che con le nostre forze e capacità a determinare la nostra ricchezza.









giovedì 21 settembre 2017

Il delfino di Sergio Bambaren

Mi ero portata questo libro per leggerlo in treno, inutile dire che l'ho già finito e ancora non ho preso il treno .Ero un pò scettica, mi dava l'aria di uno di quei libi come "Il gabbiano Jonathan Livingstone" di Richard Bach  ed effettivamente avevo colto nel segno, entrambi i due libri rifuggono nella stessa morale, entrambi parlano di un animale che ha un sogno:Volare più in alto per il gabbiano e per il delfino saltare l'onda  più alta. La differenza è che Sergio Bambaren  nella sua semplicità non annoia, il romanzo appare scorrevole e piacevole, nonostante la trama non brilli per originalità. In ottanta pagine, lascia il segno e cattura l'attenzione del lettore offrendo spunti di riflessione sui nostri sogni, quelli che abbiamo rinchiuso dentro un cassetto per sopravvivenza, o per paura di non riuscire a raggiungerlo. A differenza del gabbiano Jonathan Livingstone che non mi è piaciuto, forse perchè ero troppo piccola per capirlo pienament,e o forse perchè Richard Bach rispetto a Sergio Bambaren si dilunga in descrizioni superflue che non sono necessari ai fini del romanzo. Molti mi hanno detto "è un libro troppo new age", bè sicuramente non è un libro fine a sè stesso.
E' un libro che vuole insegnare a vivere, una favola moderna per adulti e non, che ha lo scopo di ricordarci il significato stesso della vita, non viviamo per sopravvivere, viviamo per realizzare i nostri sogni, anche se molti di questi sogni sembrano assurdi e irrealizzabili. Sicuramente non è un libro con troppe pretese, ma credo che siano degne di nota anche questo tipo di letture piacevoli, leggere, ma che comunque ti lascino un messaggio positivo dentro, per vivere al meglio la propria vita, e capire che anche se si è cresciuti, non è mai troppo tardi per inseguire e realizzare i nostri sogni.

mercoledì 13 settembre 2017

L' angelo azzurro di Heinrich Mann

Un libro dimenticato in un polveroso e scompigliato scaffale, su una piazza della città di Palermo (Biblioteca privata Itinerante del signor Tramonte).
Questo titolo mi salta all'occhio e mi rammenta il racconto di mia madre di un vecchio film in bianco e nero con "Marlene Dietrich". Senza saperlo, inconsapevolmente mia madre, mi ha passato un briciolo della sua cultura, e così subito lo prendo, ricordandomi con chiarezza la storia del film raccontatami da mia madre, e scopro così che in realtà questa storia nasce da un libro ormai dimenticato.
Ben nota poi è la mia passione per i libri dimenticati.
Poi leggo l'autore "Mann",un nome così conosciuto e noto, "Ma non si chiamava Thomas?" mi dico fra me, poi scopro che non è altro che il fratello di "Thomas Mann".
Anche lui a quanto pare era uno scrittore, ma non ebbe lo stesso successo di Thomas,forse la solita disgrazia dei fratelli e sorelle di scrittori, in cui c'è sempre quello che prevale per fama e successo e l'altro resta al buio.
E' il caso delle sorelle Bronte, in cui prevale Emily Bronte con "Cime tempestose" e "Jane Eyre"di Charlotte Bronte, e la sorella Anne Beronte con "Agnes Grey" non resta che la brutta copia di Jane Eyre.
Intuendo questa situazione, il libro non poteva che parlare del senso di inettitudine e inadeguatezza, tema ricorrente nel romanzo, che secondo me resta un tema a tratti autobiografici, anche per il senso di rivalsa e di competizione che il professore Raat nutre nei confronti dei propri studenti, secondo me può essere metafora della rivalsa di Heinrich nei confronti del fratello Thomas.
Ovviamente appare evidente anche l'aspra critica alla rigidità e al proibizionismo della scuola tedesca in epoca guglielmina.
Non mi sorprende che il romanzo sia stato dimenticato e non sia stato ristampato, perchè tratta un tema forse troppo lontano dai giorni nostri, e poi appare pressapoco difficile rispecchiarsi nel personaggio antieroe del professore Raat che predica bene, ma primo o poi finisce per razzolare male, può a tratti far pena e suscitare compassione, per la sua misera e piccola esistenza, che cerca di ingigantire e rafforzare nutrendosi di etica e moralità smisurata, che scade nel bigottismo e perbenismo forzato,e alla fine si perde, non trovando più appigli alla quale appigliarsi. Ma nonostante la pena, la compassione, non si simpatizza per questo personaggio, ed è evidente che l'intenzione fosse quella di provare disprezzo e ripugnanza per quella rigidità borghese e tipicamente tedesca, che Heinrich Mann disdegnava. E all' epoca poteva essere un libro particolarmente dibattuto e che suscitasse scalpore e scandalo, mentre adesso letto in questa epoca, perde quelle sua importante sfumatura di significato, tale da rendere la lettura noiosa e pedante tanto quanto il personaggio principale, però in un certo senso, da questo libro possiamo tracciare un pezzetto di storia, pur senza leggere libroni prolissi di storia,è questa forse la cosa affascinante dei classici, che anzichè leggere in linee generali, attraverso lunghe pagine di saggi di storia, possiamo immergerci in quella realtà, scoprire gli usi e i costumi di un'epoca in un determinato paese, pur senza esserci mai stati, pur non avendo vissuto quell'epoca e come ci riesce un classico, non ci riuscirà mai nessun altro saggio e tomo di storia!Quindi se vi interessa conoscere qualcosa del periodo guglielmino, questo può essere un ottimo libro. Quello che sicuramente ha calamitato poi la mia attenzione è la rappresentazione grottesca, esasperata e quasi tragicomica delle vicende che portano il professor Raat da essere l'uomo virtuoso rigido e moralista,all'uomo rivoltoso e vizioso, caduto vittima di un amore miserabile quanto la sua infida esistenza.



venerdì 8 settembre 2017

Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Blade Runner) di Philip K. Dick.

Questo è uno dei casi in cui il film diventa più famoso del libro stesso, fino al punto da annientarlo completamente, ovviamente non per qualità, ma per maggiore clamore hollywoodiano.
Io non sapevo affatto che di Blade Runner esistesse il libro, poi non mi ero mai interessata affatto alla questione, dato che non è proprio uno di quei film/libri che toccano il mio interesse, perchè si tratta di scifi/fantascienza, genere che non mi appartiene affatto, eppure dopo mille insistenze esterne, mi convinco a provare a vedere il film.
Inutile dire che mi sono letteralmente addormentata, ancor prima che l'androide avesse cominciato a dire la tanto abusata frase cult "Ho visto cose che voi uomini non potete  nemmeno immaginare...". Alla fine tento il colpo gobbo con il libro,ed ecco che lì si apre uno spiraglio di speranza o e scopro che il libro non ha minimamente niente a che spartire con il film.
La frase cult "Ho visto cose che voi uomini non potete immaginare ecc...ecc..." non esiste nel libro, è stata a quanto pare una presa di iniziativa dell'attore Hollywoodiano, che per quanto cerchi di ricalcare il significato del libro, non risulta sufficiente, anzi lo snatura completamente.
Poi la "love story" tra il protagonista poliziotto e l'androide, bè anche quello fa perdere di vista il reale senso del romanzo.
Nel film c'è un innamoramento reciproco, nel romanzo non è affatto così, sopratutto perchè il poliziotto è sposato, e per lui resta solo un'avventura occasionale quella con l'androide, solo una questione di sesso.
Questo era un concetto chiave del romanzo, di un paradosso, nella quale in un mondo futuro tutto funziona all'inverso, all' incontrario, è l'uomo a perdere la propria umanità, mentre l'androide invece si avvicina sempre più a diventare sempre più umano e a provare dei sentimenti.
Infatti è proprio l'androide femmina ad innamorarsi di lui, ma lui non la ricambia affatto.
Ma molto probabilmente il cinema americano,  voleva un lieto fine, e un protagonista meno antieroe, e quindi hanno voluto addolcire la pillola annullando la moglie e aggiungendoci una love Story emozionante e struggente, che rendesse la visione più accattivante alla massa.
Ovviamente oltre a questo, il film si rivela essere piacevole e coinvolgente  per la visione futuristica del romanzo, che appare in certi casi,attendibile e azzeccata, per molte invenzioni e idee.
 Philip K Dick ci appare  per certi versi come un veggente, un indovino, che sa già cosa accadrà  nel futuro.
Devo però ammettere che il libro, per quanto riguarda introspezione psicologica dei personaggi e le riflessioni esistenziali, è molto più soddisfacente ed esaustivo del film, però per quanto riguarda la rappresentazione visiva di quella realtà fisica, di un ambiente cupo, inquinato e putrido, è riuscito molto di più nel film. Le immagini, le scene in questo caso, hanno quella caratteristica di immediatezza e forza maggiore rispetto a quella carente del libro, poiché si tratta di un romanzo che si sofferma molto più sull' analisi psicologica e riflessiva, che sulle descrizioni dell' ambiente nella quale i personaggi si muovono e se da una parte è una buona cosa, perché si rivela in questo senso essere un romanzo interessante e originale, che non annoia perché non è affatto descrittivo , dall' altra però rappresenta una lacuna che è stata colmata con il film. La pecca è che il film  non è lineare affatto con la trama del libro,e a parte le ambientazioni ben fatte, si rivela essere una noia mortale, mentre appunto il libro offre tanti spunti di riflessione interessanti sull' esistenza umana,che appunto nel film sono stati tralasciati per far posto ad una storia d'amore mai esistita.

giovedì 7 settembre 2017

"Il bacio più breve della storia" di Mathias Malzieu

Il titolo di questo libro, mi ha subito colpito.
Un titolo semplice, ma efficace, che dà l'idea di un amore fugace, ma allo stesso tempo intenso e indimenticabile.
Motivo per cui non potevo far a meno di leggerlo, poi avevo già letto e recensito in precedenza "la meccanica del cuore" dello stesso autore e mi era piaciuto moltissimo, quindi eccomi qua.
La storia è carina e piacevole, con uno stile linguistico particolare, tuttavia fluido e semplice.
Poi l'idea di questa ragazza misteriosa, che sparisce non appena viene baciata, mi aveva incuriosito.
Mi piaceva questa rappresentazione particolare di timidezza e introversione,forse perchè mi riesco anche a rispecchiare in un certo senso nella ragazza invisibile, però nonostante questo, mi trovo a dover riconoscere che la storia perde un po' quel suo sprint iniziale, finendo per scadere nella banalità. Motivo per cui arrivata ad un certo punto, ho faticato a voler proseguire la lettura, mi è parso carente di quelle atmosfere gotiche alla Tim Burton che si respiravano nella "Meccanica del cuore".
E' proprio il caso della maledizione del primo libro, nessun altro libro scritto da Mathias Malzieu forse equiparerà o riuscirà a reggere il confronto con "la meccanica del cuore", purtroppo il confronto appare inevitabile, e questo libro non riesce a reggerlo, non è riuscito a coinvolgermi allo stesso modo, sembrava in un certo senso che il finale fosse alquanto prevedibile e privo di sorprese, però nonostante tutto, non mi sento di dire che sia un libro proprio brutto, direi più che altro, che è un libro carino senza troppe pretese, solamente mi sarei aspettata qualcosa di più dopo "la meccanica del cuore", ma chissà forse gli darò una seconda chance leggendo "L'uomo delle nuvole" dello stesso autore, nella speranza che riprenda ad essere più accattivante, richiamando quelle atmosfere di favola gotica  e cupa che tanto mi piacevano nella "Meccanica del cuore".


lunedì 4 settembre 2017

La chiusa di Jean Pierre Faye

Poche notizie su un libro come questo, finito nel dimenticatoio nonostante l'autore avesse vinto il premio "Renaudot nel 1964", avrà forse fatto più scalpore in patria, che da noi? Chissà.

In Italia, non è stato è più ripubblicato, ed io sono in possesso della prima e ultima edizione del 1967, grazie appunto alla "Biblioteca privata itinerante" di Palermo del signor Tramonte.

Questo libro mi ha colpito particolarmente per il suo periodo storico, è ambientato proprio in quel periodo storico in cui Berlino era ancora divisa a metà.
Tuttavia lo scrittore non nomina mai espressamente "Berlino", eppure appare chiaro e verosimile il riferimento.
Un romanzo che raccoglie le emozioni, i sentimenti, di chi viveva in una Berlino divisa a metà, e che non sa da parte stare."Si sta meglio dall'una o l'altra parte?" E' questo che spesso si chiede Vanna, la protagonista del romanzo, che non riesce mai a scegliere nè da che parte stare, nè con quale uomo stare, e alla fine la scelta viene lasciata al  crudele destino.
Vanna trova sempre degli escamotage per passare dall'una o l'altra parte, ma alla fine la scelta è inevitabile. Si è sempre costretti a fare delle scelte, o altrimenti lo faranno i fattori esterni.

Un romanzo dal sapore amaro e incompiuto: Intriga per l'alone di mistero, che aleggia  sfogliando  le varie pagine, ma che si conclude come se  fosse stato lasciato in sospeso e il finale appare così sfuggente e malinconico.

Avrei preferito che tante cose fossero state chiarite, come per esempio la cerchia di Carl Otto, quel gruppo di persone con la quale Vanna entra in contatto, dato che non si riusciva ben a capire se fossero dei terroristi o meno. E' molto probabile che fossero coloro che già pensavano di far cadere il muro di Berlino. Ma  all'epoca, in cui fu scritto il romanzo, forse l'autore non godeva della libertà di poterne parlare con chiarezza,altrimenti il romanzo sarebbe stato penalizzato con la censura, e così l'autore ha preferito essere molto enigmatico al riguardo, lasciando una trama sfumata, in cui ci si focalizza molto di più sui sentimenti che la divisione di una città comporta,la desolazione, l'abbandono, l'insoddisfazione, l'idea che da quell'altra parte forse si stia meglio e la curiosità, la voglia di scoprire cosa c'è dall'altra parte, e quel bisogno di essere amati e accettati, in qualunque parte ci si trovi.
E poi la morte misteriosa, come quella di un suicidio, o come quella di un incidente forse premeditato, anche qui l'autore non dà molte risposte, e questo in un certo senso delude il lettore dopo 296 pagine di romanzo. Tuttavia non posso neanche dire che non sia valsa la pena leggere questo romanzo, dato che fa rivivere un momento storico di cui non parla ormai quasi più nessuno, e resta comunque, sempre un tema attuale, dopotutto la Corea si trova ancora in questa situazione, e da quello che possiamo ben notare dai fatti di cronaca attuale, è un problema che non si può affatto trascurare.
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venerdì 23 giugno 2017

Your name di Makoto Shinkai.

Se devo essere sincera mi aspettavo qualcosa di più, forse l'altisonante successo del film d'animazione ha innalzato eccessivamente le aspettative, o semplicemente è una storia che rende meglio con il film d'animazione, o come dice Makoto Shinkai alla fine del libro, sono entrambi complementari dell'uno e dell'altro per capire a pieno la storia e a me manca qualche pezzo, cioè il film d'animazione.Quello che tutto sommato ho trovato interessante è quella semplicità tipicamente giapponese, che nonostante tutto riesce a racchiudere sfumature poetiche, nonostante la scrittura sia poco pretenziosa, come quella di una" light novel",ma avendo letto qualche volta le light novel , qualche capitolo qua e là, mi rendo conto che si discosta comunque da quel genere, come del resto fanno i film d'animazione di Makoto Shinkai, riesce ad avere proprio quel tratto distintivo,  e ad esprimere quelle emozioni profonde che solo Makoto Shinkai riesce ad esprimere con le sue opere.Ma devo essere onesta, ho fatto fatica a proseguire la lettura, alcune pagine erano noiose, non riuscivo a capire il senso della storia, però poi andando avanti, superata l'idea che mi ero fatta, insistendo, ho avuto la possibilità di ricredermi.Il finale mi ha ricordato molto il film  "Eternal Sunshine of the Spotless Mind" e quella credenza giapponese del filo rosso del destino, che ci sono persone destinate in un modo o nell'altro destinate ad incontrarsi e che il loro destino è intrecciato.Il fatalismo e il romanticismo sono i temi centrali del romanzo,l'idea di due persone che sono fatte per stare insieme e incontrarsi nonostante le distanze chilometriche, in un modo o nell'altro il loro incontro avverrà, poi che lui abbia introdotto "l'elemento fantasy" poco importa, forse sta semplicemente a voler sottolineare il forte potere del destino,Ma credo che l'elemento fantasy, sia tranquillamente trascurabile, forse un modo per semplificare la storia, rispetto alla complessità della realtà, ma staccandola dalla dimensione fantasy, troviamo qualcosa di molto realistico, non a caso nascono tante storie d'amore a distanza, e scatta un meccanismo, una serie di circostanze, per la quale siamo sospinti verso quella persona, ne siamo attratti, e alla fine una sorta di forza gravitazionale ci sospinge verso quella persona, e tra tutte proprio quella persona, che scopriamo avere tanto in comune con noi, Credo sia questo il significato magnifico del romanzo e del film d'animazione. Quindi alla fine, posso proprio dire che ne sia proprio valsa la pena leggerlo!


venerdì 26 maggio 2017

Povera Gente di Dostoevskij

Difficile recensire, un'opera del grande e intramontabile "Dostoevskij"
Di solito preferisco limitarmi a recensire, libri meno impegnativi, nonostante le letture classiche siano le mie preferite, e soprattutto io amo, adoro Dostoevskij, andrei a San Pietroburgo solo per visitare casa sua!Le recensioni sui classici della letteratura straniera, credo richiedano una recensione più accurata e ben definita, ed io rischio di fare qualche scivolone.
Cercherò di essere abbastanza esaustiva,
Intanto questo è il primo libro scritto da Dostoevskij, e si deduce dallo stile ancora immaturo e acerbo.
Si nota già dalle prime pagine, che non è lo stesso,  Dostoevskij, al culmine del suo successo, con "delitto e castigo", ma bensì il Dostoevskij giovine e ancora insicuro delle sue capacità e possibilità.
Lo stile infatti non è eccelso, ma molto imperfetto, e si nota anche come lui usi  spesso il protagonista,per parlare di sé stesso, del suo bisogno di scrivere, e del suo desiderio di raggiungere l'eccellenza in questa arte, ma di come si senta inadatto a perseguire tale scopo.
La trama è più o meno semplice, ci sono questi due ragazzi cugini di secondo grado, un ragazzo e una ragazza che si scrivono lettere.
Ebbene si, è un romanzo epistolare,e badate io sono una di quelle che odia i romanzi epistolari, però devo ammettere che tutto sommato, non è risultato poi così spiacevole da leggere, forse perchè come in "la peste" di Camus, si denota in maniera meno esplicita, che i veri protagonisti non sono i due ragazzi, ma la loro condizione di povertà. E' proprio la povertà, la vera protagonista indiscussa dell'intero romanzo, che muove i fili dei due protagonisti, come se loro fossero solo due marionette sospinte dalla povertà incombente, che porta persino ad una crisi di valori e desideri.
La povertà, come una condizione, che lacera e dilania l'animo dei due protagonisti, portando al dolore, e persino alla rinuncia dei loro reali desideri, fino a corrompere i loro stessi ideali.
Non è un romanzo leggero, come del resto quasi tutti i romanzi di Dostoevskij, non lo sono, però in questo romanzo, in particolar modo, la lettura si fa molto pressante, cupa e inquieta, perchè  riesce a metterti nei panni dei due protagonisti, e insieme a loro vivi quella situazione scomoda che è la povertà, in un soffocante e avvilente crescendo, che diventa quasi insostenibile.
Vorresti in qualche modo, aiutare i protagonisti, ma sai che non c'è alcun modo, alcuna soluzione, e così ci sono momenti in cui sei quasi costretto a sospendere la lettura, perchè non vuoi leggere argomenti così scomodi e spiacevoli, ed è proprio quello che Dostoevskij afferma appunto sulla povertà, che risulta scomoda e fastidiosa per i ricchi, che non ne vogliono appunto sentir parlare, ed è proprio così che mi sono sentita anche io nell'approcciarmi a questo romanzo.
Una delle frasi che poi ha attirato spiccatamente la mia attenzione è il finale così aperto e sospeso, in cui una piccola nota positiva si delinea nel miglioramento dello stile, della formazione del protagonista come scrittore, quindi in un certo senso il fragile coronamento di un piccolo sogno, nella quale la povertà non può del tutto vincere, un piccolo margine di speranza che Dostoevskij ha voluto dare ai due protagonisti della storia. Spero di essere stata abbastanza chiara ed esaustiva! Buonagiornata!






martedì 7 febbraio 2017

Adel di Nives Mies

Prima della graphic novel "il blu è un colore caldo"  c'era questa storia probabilmente meno altisonante e famosa, sarà che non ci hanno fatto un film, sarà che cercando da internet non si trova molto su questo libro, e così ho deciso di scrivere qualcosa io.
E' la storia di una ragazza inglese, che decide di frequentare l'università di lettere in Italia, data la sua passione per il rinascimento e per letteratura italiana tra cui Dante e non perde mai occasione di citarlo. A parte qualche orrore nelle citazioni letterarie e poetiche, tipo "Pirandello la ginestra" . No, non è Pirandello, che diamine, l'autrice ha fatto un po' di confusione, si tratta di Leopardi.
Avevo infatti storto già un po' il naso a quella citazione del tutto inappropriata.
Però a parte questo il libro, si presenta piacevole, solo in alcuni tratti forse un po' noioso, ma scorrevole e piacevole nella sua semplicità.
Questa ragazza, Adel, che non è appunto quella di "il blu è un colore caldo" anche perchè tra l'altro non si chiama neanche Adel nella graphic novel, non so perchè nel film abbiano deciso di cambiargli il nome in Adel forse perchè suonava meglio. Comunque questa ragazza inglese di nome Adel conosce una ragazza italiana, di nome Dalia,nasce così una storia d'amicizia, che va al di là della semplice amicizia, molto più profonda, ma Adel  rimane del tutto spiazzata, per lei l'amore è solo etero, non ha mai pensato di potersi innamorare di una donna, e si sente stordita e confusa da queste nuove emozioni, e così nascono le varie incomprensioni, i momenti mancati e le parole non dette tra le due. Quello che mi ha stupito di più, è stata la leggerezza con la quale l'autrice riesce ad esprimersi, io ogni volta che scrivo ahimè finisco per fare delle frasi troppo articolate e complicate, mentre lei con questa leggerezza e semplicità riesce comunque ad esprimere tutto quello che è necessario, non si perde e  non si dilunga in quello che scrive. Dato che essere troppo prolissi, non è sempre una buona cosa, si corre spesso il rischio di annoiare il lettore, di perdere il senso della storia o di incappare in una qualche noiosa ripetizione. Nives Mies no, riesce bene nell'intento,riuscendo comunque a non tralasciare niente,anzi riesce a dare molta espressività nei suoi personaggi, a dargli una caratterizzazione così efficace, da farli apparire reali con tutte le loro debolezze e imperfezioni.
Inoltre nel leggere la storia ci si sente catapultati in Italia, forse non proprio a Firenze, ma in Italia, in generale, a volte io mi immaginavo le strade di Palermo, non chiedetemi perchè, forse la nostalgia e la mancanza di casa, o forse per le impressioni e negative della protagonista  all' università italiana, io pensavo alle mie vecchie e brutte esperienze all'università di Palermo, anche perchè in quella di Padova che ho frequentato seppur per poco tempo, mi aveva comunque fatto una bella impressione.
Inutile dire, che la copertina ha fatto la sua buona parte, per attirare la mia attenzione. Mi sono detta "Ma c'è Kaori di City Hunter, cazzarola allora devo prenderlo!". Si, i disegni sulla copertina ricordano molto lo stile dei manga, forse l'autrice deve essere una sfegatata otaku,
Ringrazio ancora Pietro Tramonte che mi ha permesso di leggere questo libro, è solo grazie a lui che sono incappata nella lettura di questo sconosciuto libro, solo grazie alla sua biblioteca privata itinerante ho letto questi libri meno noti ai più.







lunedì 23 gennaio 2017

Il meglio che possa capitare a una brioche di Pablo Tusset

L'amaro in bocca che questo libro mi ha lasciato, nonostante l'abbia letto tempo fa, non mi è ancora passato.
Del resto dovevo prevederlo, non è un libro nelle mie corde, se così si possa dire.
E' un libro troppo alternativo e strampalato per i miei gusti, quindi dovevo aspettarmi che mi avrebbe lasciato una certa insoddisfazione nel finirlo.
Tuttavia, nonostante questo, sono contenta di averlo letto,perchè ha delle parti carine e divertenti.
In alcune parti, mi sono molto rivista nel sarcasmo e disfattismo del protagonista.
E inoltre è stato un modo per rivivere i ricordi del mio precedente viaggio a Barcelona.
Del resto mi ha attirato anche questo, il fatto che la storia sia ambientata a Barcelona e che lo scrittore è un informatico, dato che il mio fidanzato lo è.
E così mi chiedevo come potesse essere scritto un libro da un informatico, e in questo libro ho trovato la mia risposta.
Un libro pieno di tante terminologie da hacker e informatici,per creare una parodia del mondo informatico e quello reale.
Il protagonista paragona la sua vita a come quella di una brioche, che il meglio che possa capitargli è quello di essere imburrata e mangiata, ma con il rapimento del fratello, riesce a vivere un'avventura esaltante e più fantasiosa di quella dei film,e per una volta anzichè essere una brioche, diventa qualcosa di più, il protagonista figo della situazione, ma ovviamente tutte le favole sono destinate a finire, e si è poi costretti a tornare alla solita routine. Lui riconosce di non essere fatto per quel mondo, lui è fatto per essere un nerd, non il figo della situazione, e non è portato ad avere la vita comune degli altri, ma tuttavia è come se un po' dal finale capisse che la routine è la cosa migliore da vivere, tuttavia non saprei dire ma il finale risulta sconclusionato, dopo averla tirata tanto per le lunghe, sembra che l'autore non sapesse come terminare la storia e avesse deciso di concluderla di colpo con un finale dolce e amaro allo stesso tempo, e mi ha dunque irritato, perchè dopo i miei sforzi per terminarlo, sperando che migliorasse con il finale, alla fine si è rivelato "nosense".
Certo non è stato peggiore di "Ogni cosa illuminata" di Jonathan Safran Foer, ma quasi!
Non è stato deludente quanto "La casa del sonno"di Jonathan Coe, (inizio a pensare di dover escludere i libri degli scrittori che si chiamano "Jonathan")ma ci è mancato poco.
In conclusione ritengo che sia un libro bellino e spensierato, ma senza troppe pretese, che aveva dei buoni spunti, ma che si è perso strada facendo, però come primo libro di un informatico, forse è stato comunque un buon inizio, spero che Pablo Tusset migliori in questo senso, qualora pubblicasse qualcos'altro, potrei decidere di dargli un'altra chance con un suo nuovo libro, dato che il sarcasmo e la simpatia in questo libro, non mi è dispiaciuta, e si vede da questa nota simpatia il fatto che lo scrittore sia barceloneta, infatti il libro mi ha in alcuni momenti divertito e molto ricordato il mio piacevole viaggio a Barcellona, e potevo benissimo rivedere le zone da lui richiamate di Barcelona "Passaig de la Gracia", "il mercato della boqueria" e moltissimi altri luoghi, e monumenti della bellissima Barcelona, quindi un libro che tutto sommato ti dà anche quell'impressione di vivere le atmosfere, le vie di Barcelona, e anche un po' lo stile di vita e le trasgressioni dei barcelonesi.
Poi la copertina del libro molto, ma molto carina, ricorda molto una di quelle raffigurazioni d'arte moderna  che mi capitò di vedere al "Museo d'arte Catalunya", un museo gigantesco, di cui serbo un bellissimo ricordo.









Il bacio d'argento di Annette Curtis Klane

Ormai credo si intuisca dai miei post, quanto io sia attratta dai classici e dai libri di nicchia, un po' particolari, e che abbiano delle atmosfere dark o gotiche.
Quindi non posso fare a meno di fare anche questa recensione, su questo libro.
Ero un po' scettica, all'idea di leggere un libro sui vampiri, dopo la profonda delusione causatami da "Twilight" di Stephenie Meyer, prima che uscisse il film e che acquistasse un successo internazionale, io in libreria venivo attratta da quella seducente copertina scura raffigurante due mani che sostengono una mela, il frutto del peccato.
Lessi la trama, e pensai che fosse un libro interessante, senza sapere neanche che fosse una saga.
Il primo libro lo ritenni carino, con delle belle descrizioni e accurato, nonostante la semplicità e scontata storia d'amore, ma ovviamente nulla di più, carino ma senza troppe pretese, poi dal secondo in poi peggiorò sempre di più, insomma divenne solo una trovata commerciale per ragazzine, e trovai conferma con l'uscita del film e dell'ultimo libro che narra la storia dal punto di vista di Edward Cullen.
Inutile dire che in "Breaking Dawn" andai diretta verso il finale, saltando metà libro,il punto di vista di Bella, di Jacob, tutti modi per allungare inutilmente la storia, e la narrazione nuova dal punto di vista di Edward Cullen, non ho osato neanche leggerla.
Quindi, dopo l'esperienza di Twilight, ero decisamente contro tutti i libri fantasy moderni che trattassero la tematica dei vampiri, rimanevo sempre dell'idea che il caro buon vecchio "Dracula" di Bram Stoker non potesse competere con quei libretti per attirare ragazzette con gli ormoni in subbuglio.
Tuttavia la copertina di questo libro, e la sua trama mi attirò come una calamita.
Alla fine, mi decisi e lo acquistai.
"Il bacio d'argento" fortunatamente non ha nulla a che fare con la commercialità di Twilight, è un libro riflessivo, cupo,ma allo stesso tempo genuino e commovente.
La ragazza del libro si innamora di un vampiro, ma la loro storia  non viene banalizzata, come in "Twilight", rappresenta qualcosa di più profondo, diventa una metafora della fase adolescenziale, in cui la protagonista è costretta ad abbandonare la sè stessa bambina, e farsi spazio come adulta, dovendo affrontare situazioni  ed emozioni che sono più grandi di lei, e vincendo le sue paure più grandi come quella di perdere le persone care e di non essere all'altezza per affrontare la vita e il mondo degli adulti.
Abbandonate i preconcetti e i pregiudizi sorti a causa di "Twilight" se è necessario, e immergetevi in questa piacevole lettura!


Coraline di Neil Gaiman

"Coraline" è un Alice del paese delle meraviglie moderna e un pò dark, con quelle atmosfere del buon vecchio Tim Burton agli esordi, purtroppo adesso non è più quello di un tempo.

Coraline è una ragazzina che si trasferisce con la famiglia in una nuova casa, i genitori sono sempre troppo indaffarati con il lavoro e le dedicano poco tempo.
Ma in quella nuova casa, capitano cose bizzarre e insolite, aprendo una porta della casa, finisce in un'altra casa uguale a quella nuova casa, con dei genitori impeccabili e perfetti, che le cucinano cose buone che ha sempre sognato mangiare e che si rivelano essere più presenti e affettuosi dei suoi veri genitori, ma quella perfezione racchiude tante insidie oscure,già soffermandosi sul dettaglio degli occhi di quest'ultimi che hanno dei bottoni per occhi, e la finta madre più perfetta della reale, le propone di restare con loro, ma per farlo deve farsi cucire i bottoni sugli occhi.
Non sono brava con la spiegazione della trama, quella del resto la trovate su wikipedia, io preferisco dare la mia opinione, concentrarmi più sui significati dei libri.
E questo libro, racchiude un significato molto bello, che è persino difficile esprimere in due sole parole, ma comunque ci proverò.
"La perfezione non è reale, è solo finzione, ed è molto meglio la realtà con le sue sbavature".
Coraline è una fiaba dark, grottesca, molto piacevole, che emoziona e che insegna ad accettare e ad affrontare la vita nelle sue imperfezioni, e che insegna che l'amore non è mai idilliaco e perfetto, che esiste sempre qualcosa di antipatico e fastidioso dei nostri cari, ma che nonostante tutto, questo non significa che non ci vogliano bene e che l'amore ha diverse sfaccettature, e anche se inespresso, ciò non toglie che esista nel cuore dei nostri familiari. Ma allo stesso tempo credo che Coraline, sia la metafora perfetta della crescita, quando una bambina decide di abbandonare il mondo dei giochi e della fantasia, per crescere e maturare, e scoprire il mondo reale, forse più crudo, meno bello, ma reale,e che primo o poi deve essere affrontato, che non ci si può rinchiudere per tutta la vita in un mondo finto e fantastico, come se si vivesse in una campana di vetro, ma si deve correre il rischio di fare delle scelte anche difficili per crescere.
Di questo libro, è stato fatto un grazioso film d'animazione, ma per quanto siano belli i disegni, io credo che il significato del libro si sia del tutto perso.

Vi riporto una delle citazioni più belle del libro:
  • Io non voglio tutto ciò che desidero. Nessuno lo vuole. Non veramente. Che divertimento sarebbe, se potessi avere tutto ciò che desidero, senza problemi? Non avrebbe nessun valore. (Coraline)


    La meccanica del cuore di Mathias Malzieu

    Se vi piacciono le "Fiabe Grottesche", lo stile di Tim Burton, o Neil Gaimann non potrete far a meno di leggere questo libro.
    L' ho letto molto tempo fa, la mia memoria sul libro potrebbe non essere perfetta per fare una recensione delineata e dettagliata al riguardo.
    Tuttavia avvertivo l'esigenza, l'estrema necessità di farne una.
    E' un libro molto riflessivo sull'amore e su tutte le conseguenze che comporta l'immaturità nel vivere questo sentimento, questo concetto viene espresso sotto forma di una fiaba grottesca, in cui il protagonista "Jake" è un ragazzo che è stato abbandonato perchè aveva un cuore difettoso, che è stato riparato da una strega, c, che lo ha salvato sostituendo il suo cuore con un orologio, ma ovviamente questo comporta che non può innamorarsi, perchè altrimenti le lancette del suo cuore/orologio inizieranno a scorrere e ne perderà il controllo. La strega lo cresce come suo figlio, ma rimane sempre molto fredda e distaccata con lui, dato che sa che Jake non può provare emozioni troppo forti, altrimenti il suo cuore/orologio potrebbe rompersi.
    Ma nonostante la strega lo metta in guardia sull'amore, Jake finisce per innamorarsi di una ragazza e vive questo sentimento con una grande intensità, essendo il suo primo amore, ma purtroppo l'amore vissuto con una tale intensità può avere delle conseguenze pericolose.
    Ne hanno fatto anche un film d'animazione, ovviamente mai uscito in italiano, tuttavia si può trovare su internet subbato in italiano, tuttavia non è bello quanto il libro,anche perchè è per lo più un musical insufficiente per esprimere le emozioni e le riflessioni che vengono fatte sull' intensità dell' amore giovanile e inesperto.


    Vi lascio con questa citazione del libro, per non spoilerare più del necessario:

    "Uno, non toccare le lancette.
    Due, domina la rabbia.
    Tre, non innamorarti mai e poi mai.
    Altrimenti, nell' orologio del tuo cuore,
     la grande lancetta delle ore ti trafiggerà
    per sempre la pelle, le tue ossa si frantumeranno
    e la meccanica del cuore andrà di nuovo in pezzi"





    Candy Candy di Keiko Nagita

    Per chi non ha visto l'anime o letto il manga, consigliatissimo.
    Per chi invece lo ha fatto, è meglio non inoltrarsi in questa lettura, potrebbe rivelarsi deludente, perchè nel primo libro la storia viene narrata nel dettaglio, ma nel secondo dopo aver narrato per bene le avventure di Candy Candy nell'Istituto Saint Paul, la storia finisce per avere tanti salti temporali e la storia prosegue per mezzo di lettere, una narrazione epistolare, che per i fans del manga/anime non aggiunge niente di nuovo alla storia, e il finale aperto si lascia un po' l'amaro in bocca.
    Da quanto ho letto nell'anime doppiato in italiano, hanno cambiato il finale riciclando scene vecchie dell'anime per creare un finale forse più gradito ai fans, non entro nei dettagli per non spoilerare nulla, comunque su youtube si trova un video riguardo questi due diversi finali, quello reale e quello falsificato, e forse persino quello del romanzo risulta persino diverso.
    Nonostante tutto, anche se il finale risulta troppo aperto e sconclusionato, devo ammettere che è stata una lettura scorrevole e piacevole.
    Di solito sono abituata a letture più impegnative, ma questa devo ammettere, che è stata una lettura leggera, ma allo stesso tempo molto emozionante,nonostante la semplicità e la fluidità del modo di scrivere di Keiko Nagita, da cui si intuiscono molti spunti autobiografici.
    "Candy Candy" non è solo la storia di un'orfanella emancipata, è anche la storia della perdita delle persone care, tocca tematiche come la morte e la guerra, e le sue conseguenze negative, riuscendo a commuovere ed emozionare  con delle parole così semplici, eppure cariche di una certa sensibilità tipicamente giapponese.
    Anche se la storia è ambientata in Europa, si percepisce nel romanzo quella delicatezza e genuinità del Sol Levante.
    A prima vista, sembra uno di quei libri  di formazione,a come "Pollyanna", ma secondo me, è un libro meno infantile,che racchiude un significato più maturo e profondo, anche, perchè per certi versi risulta forse troppo crudo e triste per una fascia d'età poco matura. Ringrazio ancora la mia migliore amica per avermelo regalato, con la complicità del mio ragazzo per il secondo libro.
    Solo la "Kappalab" poteva provvedere a tradurre e diffondere in Italia un libro come questo.
    Non vedo l'ora di leggere altri libri di questa straordinaria casa editrice.





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