lunedì 4 settembre 2017

La chiusa di Jean Pierre Faye

Poche notizie su un libro come questo, finito nel dimenticatoio nonostante l'autore avesse vinto il premio "Renaudot nel 1964", avrà forse fatto più scalpore in patria, che da noi? Chissà.

In Italia, non è stato è più ripubblicato, ed io sono in possesso della prima e ultima edizione del 1967, grazie appunto alla "Biblioteca privata itinerante" di Palermo del signor Tramonte.

Questo libro mi ha colpito particolarmente per il suo periodo storico, è ambientato proprio in quel periodo storico in cui Berlino era ancora divisa a metà.
Tuttavia lo scrittore non nomina mai espressamente "Berlino", eppure appare chiaro e verosimile il riferimento.
Un romanzo che raccoglie le emozioni, i sentimenti, di chi viveva in una Berlino divisa a metà, e che non sa da parte stare."Si sta meglio dall'una o l'altra parte?" E' questo che spesso si chiede Vanna, la protagonista del romanzo, che non riesce mai a scegliere nè da che parte stare, nè con quale uomo stare, e alla fine la scelta viene lasciata al  crudele destino.
Vanna trova sempre degli escamotage per passare dall'una o l'altra parte, ma alla fine la scelta è inevitabile. Si è sempre costretti a fare delle scelte, o altrimenti lo faranno i fattori esterni.

Un romanzo dal sapore amaro e incompiuto: Intriga per l'alone di mistero, che aleggia  sfogliando  le varie pagine, ma che si conclude come se  fosse stato lasciato in sospeso e il finale appare così sfuggente e malinconico.

Avrei preferito che tante cose fossero state chiarite, come per esempio la cerchia di Carl Otto, quel gruppo di persone con la quale Vanna entra in contatto, dato che non si riusciva ben a capire se fossero dei terroristi o meno. E' molto probabile che fossero coloro che già pensavano di far cadere il muro di Berlino. Ma  all'epoca, in cui fu scritto il romanzo, forse l'autore non godeva della libertà di poterne parlare con chiarezza,altrimenti il romanzo sarebbe stato penalizzato con la censura, e così l'autore ha preferito essere molto enigmatico al riguardo, lasciando una trama sfumata, in cui ci si focalizza molto di più sui sentimenti che la divisione di una città comporta,la desolazione, l'abbandono, l'insoddisfazione, l'idea che da quell'altra parte forse si stia meglio e la curiosità, la voglia di scoprire cosa c'è dall'altra parte, e quel bisogno di essere amati e accettati, in qualunque parte ci si trovi.
E poi la morte misteriosa, come quella di un suicidio, o come quella di un incidente forse premeditato, anche qui l'autore non dà molte risposte, e questo in un certo senso delude il lettore dopo 296 pagine di romanzo. Tuttavia non posso neanche dire che non sia valsa la pena leggere questo romanzo, dato che fa rivivere un momento storico di cui non parla ormai quasi più nessuno, e resta comunque, sempre un tema attuale, dopotutto la Corea si trova ancora in questa situazione, e da quello che possiamo ben notare dai fatti di cronaca attuale, è un problema che non si può affatto trascurare.
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