venerdì 28 dicembre 2018

Uno, Nessuno e Centomila- l'esclusa - Pirandello

Pirandello, sempre voluto leggere eppure una forza contrapposta lo respingeva da me.  Superato quel timore da"  Sara una lettura pesante e faticosa" , in realtà si lascia leggere, coinvolge, esercita un potere magnetico Pirandello, soprattutto in "Uno, nessuno e centomila", anche se le riflessioni esistenziali così forti, acute e tanto vere, possono davvero rendere la lettura "poco allegra" , ma avere un  risvolto negativo sul lettore che non vuole confrontarsi con la consapevolezza cruda e avversa, nella continua ricerca di se stessi, di conoscersi pienamente, e carpire gli altri, sfiorare almeno un minimo del vissuto dell' altro e di se stessi e scoprire alla fine che ciò che riflettiamo allo specchio è solo una vile menzogna. Non sappiamo chi siamo né noi né gli altri.

Nessuno conosce il nostro essere né noi possiamo conoscere gli altri, rivelare la loro vera natura oggettiva, ma rimane solo il riflesso di ciò che abbiamo intravisto  nell'altro in base alle nostre impressioni ed emozioni.

Eppure si rimane confinati nel pregiudizio e nell' idea che gli altri si sono fatti di noi stessi e di quello che pensiamo noi di essere e di come vorremmo che gli altri ci vedessero. Ci avvilisce il pensiero degli altri, rifletterci con gli occhi altrui e scoprire che ci vedono in un modo del tutto contrapposto a come noi ci vediamo con le nostre luci e ombre. Ma  cosi facendo ci avvaliamo di una  mera presunzione credendo di conoscerci, di riuscire a vederci nel momento in cui agiamo e parliamo, ma in realtà non possiamo farlo.   

Tuttavia anche gli altri sono presuntuosi, credono di saper cogliere la nostra vera natura in base a quello che vedono di noi  in qualche attimo e istante passato insieme, ma invece ignorano i nostri pensieri, le nostre emozioni e il nostro vissuto che sfugge al  loro sguardo attento.

Pirandello in questo romanzo rivela queste verità così amare e spiacevoli,  che poi di per sé la storia ha una struttura narrativa simile ad un testo teatrale, non ha rilevanza  tanto la scrittura, lo stile e il linguaggio,quanto più le riflessioni che questo romanzo comporta. Anche la trama in sé resta solo un pretesto per indurre il lettore alla riflessione psicologica ed esistenziale.

Un introspezione forzata e dolorosa soprattutto per me, ma che comporta forse anche  un sollievo e una liberazione,  del tipo "nessuno sa chi sono io, nessun ci ha preso, MA..." Rimane alla fine quel MA, che però resta in sospeso, perché appunto questo significa d'altro canto che neanche tu puoi avere una verità assoluta e oggettiva su di loro né su te stessa, e questa si che è una bella gatta da pelare.
Alla fine ci si costruisce solo delle maschere da indossare, dei ruoli da impersonificare nel teatro della vita.

In conclusione  siamo condannati a non conoscerci, ad essere tutti profondamente estranei a noi stessi e agli altri.

Basta solo un dettaglio, un qualcosa che ci fosse sfuggito di noi stessi, la forma del nostro naso, il nostro modo di gesticolare,  tante piccole cose che gli altri vedono e noi no, non possiamo notare, vedere pienamente, con profonda consapevolezza, eppure restiamo lo stesso sconosciuti a loro e a noi stessi.

Questo ci manda in crisi, perchè per tutta la nostra esistenza, non sopportiamo essere rappresentati "per quello che non siamo dagli altri",  a volte troppo idealizzati, in altre occasioni forse troppo imbruttiti e disadorni, eppure allo stesso tempo ci accorgiamo di non avere una verità assoluta tra le mani, che anche il nostro modo di vederci  non è che un' illusione, qualcosa che ci siamo costruiti noi in base al nostro pensiero soggettivo.

Quindi ahimè, è complicato, perchè non siamo altro che noi a volte giudici severi di noi stessi  e altre volte troppo comprensivi, e a sua volta anche con gli altri, possiamo essere troppo cattivi nel giudizio e altre volte forse troppo benevoli, realizzando maschere solo confacenti al nostro modo di intendere il mondo.


"Nell' Esclusa", invece c'è una riflessione meno articolata, più paradossale e controversa, quella del marito che crede di essere stato tradito dalla moglie e la scaccia di casa, non credendo affatto alla sua fedeltà, ma alla fine questa "fama di adultera" non fa altro che alimentare il suo desiderio stesso di tradire il marito.

Devo ammettere che ho fatto fatica a proseguirne la lettura, la scrittura era forse troppo  densa di dettagli irrilevanti ai fini della trama e lo stile lasciava un po' a desiderare sulle prime pagine. Sembrava  un po' come se le parole si ingarbugliassero tra loro e mi sfuggisse il nesso, ma poi giunti verso la metà della storia, quando la protagonista si trasferisce a Palermo, la scrittura inizia a raggiungere un livello alto, piacevole, originale e scorrevole, inizia davvero qui "Pirandello" a farsi narratore e non più  solo commediografo.  Tante scene narrate e descritte in modo efficace, restano impresse, e i suoi personaggi, il loro modo di comportarsi, di parlare ed esprimersi, vengono delineati in maniera impeccabile e perfetta, da sembrare reali, come se potessero uscire fuori dalle pagine del libro.

Pirandello con la sua arguzia, la sua scrupolosa capacità di introspezione psicologica, riesce a scavare alla perfezione nell' animo umano, riuscendo a delinearne dei tratti così veritieri, da  suscitare nel lettore una certa inquietudine, strappando un sorriso amaro dalle labbra.





















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