Il pluriacclamato José Saramago che con questo libro ha vinto il premio Nobel.
Ora non metto i dubbi le capacità di quest' autore, capisco e rispetto la scelta di volergli dare un premio Nobel, ma date anche a me un premio per essere riuscita a terminarlo! Non l'ho davvero creduto possibile, non mi sembra ancora vero, sento ancora l'ansia invadermi. Perché questo libro è fatto di ansia, claustrofobia e disumanità. Ovviamente il libro vuole comunicare dei messaggi forti e importanti. Può piacere per questo significato così preponderante, di una cecità che funge da metafora, per delineare quanto l'essere umano sia ceco, si benda gli occhi dinnanzi quello che accade sotto al suo stesso naso, di fronte ai morti, alle catastrofi, di fronte l' inquinamento e a tutte le risorse idriche che stiamo esaurendo. Una frase che voglio riportare è questa, che esplica il concetto dell' intero romanzo "Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che pur vedendo, non vedono".
Tuttavia nonostante queste premesse positive, a me personalmente il romanzo non è piaciuto affatto, esaurita la prima parte del romanzo, la lettura diventa asfissiante, stancante e snervante, nonostante il significato profondo del romanzo, non è riuscito a coinvolgermi.
Sicuramente l'intento di José era quello di mettere ansia, di descrivere una disumanità senza via d'uscita, però se ci va il punto, devi mettermi il punto e non la virgola, che a lungo andare il lettore resta senza fiato. Ho odiato questa cosa, questo voler fare l'alternativo o l'originale del tipo io posso permettermi di mettere una virgola al posto del punto, e rendere la lettura ancora più ansiogena e difficoltosa, come se già non lo fosse di partenza. Poi troppe parole... Ci si perde in un' accozzaglia di complicati discorsi proverbiali e di riflessioni anche belle e interessanti, ma espresse tutte in un lungo periodo, in cui non ci sono neanche i punti, ma solo misere virgole. In più aggiungo, che ad amplificare il fastidio ci si è messa anche la "Feltrinelli" ad impaginare il testo tutto appiccicato, e le parole stampate ti appaiono come tante formichine attacate fra loro, insomma che mal di testa e che faticaccia! Star dietro allo scrittore e le sue idee originali, di non seguire la punteggiatura come tutti, che decide di fare periodi lunghissimi utilizzando un bel po' di parole, come se volesse fare mostra di quante innumerevoli parole conosca o riesca a tirar fuori dal dizionario. E poi star dietro anche ad un impaginazione così miserabile, da rendere il libro illegibile per un dislessico e non.
L'idea dell' epidemia di cecità ripeto bellissima, mi ricordava un po' "la peste" di Albert Camus, solo che quello bè sono riuscita a terminarlo, facendo persino meno fatica.
Nonostante anche "la peste" sia abbastanza pesante come tematica e nel modo in cui è scritto, però nello stile di "Camus" era più facile e semplice da leggere. Mentre José Saramago ha una scrittura ingarbugliata, logorroica, ad una certo punto si inceppa e si perde il filo del discorso.
Anche nelle vicende di quest' epidemia ad una certo punto sovviene oltre l'ansia e il malessere, persino la noia e ci si chiede e in be'? Dunque José? Quand'è che la finiamo? E quando pensi che non ne hai ancora per molto, lui tira fuori discorsi a mo' di lista della spesa, José è un sadico! Insomma, sarà anche uno scrittore straordinario, degno del premio Nobel, ma a me non mi ha affatto convinto, ovviamente sarà un mio pensiero, sarà una cosa molto soggettiva, sarà che ho già l'ansia di mio, è un libro che mi fa venire più panico e ansia, anche NO!
Dico la verità, avevo persino pensato di abbandonarne la lettura.
Ho continuato a leggerlo solo lasciandomi trascinare dal significato profondo del romanzo e dal fatto che tutti lo osannavano come un capolavoro, quindi volevo anche farmi un'idea completa del mio pensiero anche negativo. Ma a differenza di quei romanzi che non mi piacciono, che di solito mi lasciano il vuoto assoluto o di cui penso con rabbia che spreco di tempo, pensando con rammarico di aver potuto impiegare il mio tempo in altre letture, bè questo non mi ha lasciato queste sensazioni, mi ha lasciato tanta ripugnanza, fastidio e odio sarà che c'è qualcosa in questo romanzo che ha risvegliato in me dei sentimenti di sdegno, abnegazione e intolleranza verso la violenza e la disumanità umana, e quindi anche io volevo bendarmi gli occhi, volgere lo sguardo altrove. Anche se non mi è piaciuto, leggerlo è stato giusto, doveroso, significativo, riflessivo e mi ha lasciato queste sensazioni così intensamente negative. Ecco forse la mia riflessione è questa un po' sulla linea "Marie Kondo" in questo momento, un po' sulla forza dell' aura negativa che emana questo libro, nel senso che se vuoi ancora vivere felice è meglio non leggerlo, se invece sei masochista e non vuoi più essere ceco dinnanzi la crudeltà umana bè allora bisognerà pur leggerlo. Siccome io sono masochista l'ho letto, non mi è piaciuto fino in fondo, però la ritengo una lettura che andava assolutamente intrapresa.

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